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Costruire
La speranza edifica
Interroghiamoci
L'esperienza quotidiana ci fa vedere una umanità che, insieme, edifica e
demolisce, entusiasta dei successi e delusa, talvolta fino alla disperazione,
per i fallimenti. Chi spera, si rimbocca le maniche per "custodire" e
"coltivare" ciò che gli è stato consegnato.
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Su
quali basi stiamo costruendo la nostra esistenza?
-
Costruttori di che cosa? Di sogni, di illusioni, di certezze, di futuro?
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La
nostra vita è orientata alla speranza o diffondiamo pessimismo?
-
Come conciliare l'opera nostra con la convinzione che è un altro a
"edificare la città"?
Dialoghiamo col Risorto (ascoltiamo la
Parola)
Seguendo il Vangelo di Marco, incontriamo il passo del primo invio in missione (XV
domenica del Tempo Ordinario). I discepoli sono chiamati per stare con Gesù e
per andare, in suo nome e con la forza dello Spirito, ad annunziare la novità
del Regno e adoperarsi, con gli uomini di buona volontà, ad impiantarlo nel
cuore dell'uomo e delta storia.
Dal
Vangelo secondo Marco (6,7-13)
"Allora chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro
potere sugli spiriti immondi. E ordinò loro che, oltre al bastone, non
prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa;
ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche. E diceva Loro:
"Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo. Se in
qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la
polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro". E partiti,
predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano di
olio molti infermi e li guarivano".
Confrontiamoci
Il tempo che stiamo vivendo mette spesso in evidenza uno stato di torpore, di
sonnolenza del vivere quotidiano. Ci capita spesso di constatare una situazione
di stallo in tanti ambiti della vita: l'economia che arranca, la perdita dei
posti di lavoro, situazione di disagio apparente o sotterraneo. Sovente si
avverte l'incapacità a far fronte alle sfide della globalizzazione.
La domanda di fondo è sempre la stessa: accontentarci cercando di sbarcare il
Lunario, vivere alla giornata oppure scommettere e rischiare in proprio affinché
La nostra vita sì converta, il mondo cambi in meglio? Sì sostiene a ragione che
una delle vere sfide di questa stagione della storia è quella di affrontare con
decisione e con creatività "l'elaborazione di una nuova cultura e di un nuovo
umanesimo"1.
Al tempo dell'inquietudine e delle condizioni di vita ingiuste di molte persone,
alla crisi di coscienza che pervade l'animo umano, all'impotenza di fronte ai
rapidi mutamenti, all'incapacità di rispondere in modo efficace alle sfide della
globalizzazione, L'uomo saggio e sapiente cerca di esercitare La propria
responsabilità nel quotidiano. Questa responsabilità assume un significato
importante. Il Concilio Vaticano II, nella Gaudium et Spes (n. 4 e ss.) ci
esorta a compiere un discernimento, a cogliere cioè i "segni dei tempi" e a
leggerli alla Luce del Vangelo. Questa è la responsabilità del Laico credente.
Ciò che fa La differenza nella responsabilità del Laico credente è
l'atteggiamento di fondo, lo stile evangelico: nel mondo ma non del mondo!
Il laico credente abita il proprio tempo, i luoghi dì vita, il quotidiano,
sapendo che sono realtà parziali, realtà penultime. La prospettiva ultima è
l'incontro con il Signore della vita, nella pienezza dell'Altro da noi.
Dalla piccole alle grandi scelte che la vita richiede per il laico si traducono
nella ricerca di ciò che è essenziale, umile e sobrio. È questa la prospettiva
che anticipa una responsabilità nei confronti delle cose del mondo che si lega
ma non s'imbriglia ai successi o ai fallimenti. Tutto assume una valenza che
vuole andare oltre il contingente, oltre i mezzi, oltre le certezze.
Lo stile del costruttore responsabile, nel qui ed ora, sollecita quindi
ulteriori atteggiamenti importanti:
-
la
capacità di resistenza: saper leggere e collocare il quotidiano di ciascuno
- persona, gruppo, reti, società, mondo - sapendo di non sentirsi già
sconfitti in partenza e di accettare il dato di fatto. "Finché non giunge,
dopo La lunga notte, il nostro giorno, resistiamo" (Dietrich Bonhoeffer,
scritto dal carcere poco prima di morire giustiziato dai nazisti a
Flossenburg, il 9 aprile 1944);
-
lo
stare dentro le cose e le situazioni nonostante tutto: vuoi dire non
sottrarsi alla storia per mettersi in salvo da soli. "Quello che ho da dare,
poco o tanto che sia, lo posso dare comunque";
-
l'abitare i conflitti;
-
la
scelta dei piccoli passi e della pazienza;
-
il
favorire percorsi e processi condivisi. È indispensabile che il consenso nel
costruire sia il frutto paziente di un percorso fatto insieme coinvolgendo
più persone possibili;
-
il
credere a Luoghi aperti: capacità di non chiudere gli spazi ma di aprirli ad
ulteriori aggiustamenti e cambiamenti.
Meditiamo e preghiamo
1Cor 3,5-11: "Ciascuno stia attento come costruisce".
Ma che cosa è mai Apollo? Cosa è Paolo? Ministri attraverso i quali siete venuti
alla fede e ciascuno secondo che il Signore gli ha concesso. Io ho piantato,
Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere. Ora né chi pianta, né chi
irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere. Non c'è differenza tra chi pianta
e chi irriga, ma ciascuno riceverà la sua mercede secondo il proprio lavoro.
Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete il campo di Dio, l'edificio di
Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un sapiente architetto
io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia
attento come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da
quello che gia vi si trova, che è Gesù Cristo.
1Pt 2,4-10: "Pietre vive per un edificio spirituale".
Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa
davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di
un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici
spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo. Si legge infatti nella
Scrittura: Ecco io pongo in Sion una pietra angolare, scelta, preziosa e chi
crede in essa non resterà confuso. Onore dunque a voi che credete; ma per gli
increduli la pietra che i costruttori hanno scartato è divenuta la pietra
angolare, sasso d'inciampo e pietra di scandalo. Loro v'inciampano perché non
credono alla parola; a questo sono stati destinati. Ma voi siete la stirpe
eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è
acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle
tenebre alla sua ammirabile luce; voi, che un tempo eravate non-popolo, ora
invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora
invece avete ottenuto misericordia.
CONCILIO VATICANO II: Gaudium et
Spes, n. 24
L'indole comunitaria dell'umana vocazione nel piano di Dio
Iddio, che ha cura paterna di tutti, ha voluto che tutti gli uomini formassero
una sola famiglia e si trattassero tra loro come fratelli. Tutti, infatti,
creati ad immagine di Dio « che da un solo uomo ha prodotto l'intero genere
umano affinché popolasse tutta la terra » (At17,26), sono chiamati al medesimo
fine, che è Dio stesso. Perciò l'amor di Dio e del prossimo è il primo e più
grande comandamento. La sacra Scrittura, da parte sua, insegna che l'amor di Dio
non può essere disgiunto dall'amor del prossimo, «e tutti gli altri precetti
sono compendiati in questa frase: amerai il prossimo tuo come te stesso. La
pienezza perciò della legge è l'amore » (Rm 13,9); (1Gv 4,20).
È evidente che ciò è di grande importanza per degli uomini sempre più dipendenti
gli uni dagli altri e per un mondo che va sempre più verso l'unificazione.
Anzi, il Signore Gesù, quando prega il Padre perché « tutti siano una cosa sola,
come io e tu siamo una cosa sola » (Gv 17,21), aprendoci prospettive
inaccessibili alla ragione umana, ci ha suggerito una certa similitudine tra
l'unione delle Persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e
nell'amore.
Questa similitudine manifesta che l'uomo, il quale in terra è la sola creatura
che Iddio abbia voluto per se stesso, non possa ritrovarsi pienamente se non
attraverso un dono sincero di sé.
CONCILIO VATICANO II: Gaudium et
Spes, n. 26
Promuovere il bene comune
Dall'interdipendenza sempre più stretta
e piano piano estesa al mondo intero deriva che il bene comune - cioè l'insieme
di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai
singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più
speditamente - oggi vieppiù diventa universale, investendo diritti e doveri che
riguardano l'intero genere umano.
Pertanto ogni gruppo deve tener conto dei bisogni e delle legittime aspirazioni
degli altri gruppi, anzi del bene comune dell'intera famiglia umana.
Contemporaneamente cresce la coscienza dell'eminente dignità della persona
umana, superiore a tutte le cose e i cui diritti e doveri sono universali e
inviolabili. Occorre perciò che sia reso accessibile all'uomo tutto ciò di cui
ha bisogno per condurre una vita veramente umana, come il vitto, il vestito,
l'abitazione, il diritto a scegliersi liberamente lo stato di vita e a fondare
una famiglia, il diritto all'educazione, al lavoro, alla reputazione, al
rispetto, alla necessaria informazione, alla possibilità di agire secondo il
retto dettato della sua coscienza, alla salvaguardia della vita privata e alla
giusta libertà anche in campo religioso.
L'ordine sociale pertanto e il suo progresso debbono sempre lasciar prevalere il
bene delle persone, poiché l'ordine delle cose deve essere subordinato
all'ordine delle persone e non l'inverso, secondo quanto suggerisce il Signore
stesso quando dice che il sabato è fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato.
Quell'ordine è da sviluppare sempre più, deve avere per base la verità,
realizzarsi nella giustizia, essere vivificato dall'amore, deve trovare un
equilibrio sempre più umano nella libertà.
Per raggiungere tale scopo bisogna lavorare al rinnovamento della mentalità e
intraprendere profondi mutamenti della società. Lo Spirito di Dio, che con
mirabile provvidenza dirige il corso dei tempi e rinnova la faccia della terra,
è presente a questa evoluzione.
Il fermento evangelico suscitò e suscita nel cuore dell'uomo questa
irrefrenabile esigenza di dignità.
CONCILIO VATICANO II: Gaudium et
Spes, n. 31
Responsabilità e partecipazione
Affinché i singoli uomini assolvano con maggiore cura il proprio dovere di
coscienza verso se stessi e verso i vari gruppi di cui sono membri, occorre
educarli con diligenza ad acquisire una più ampia cultura spirituale,
utilizzando gli enormi mezzi che oggi sono a disposizione del genere umano.
Innanzitutto l'educazione dei giovani, di qualsiasi origine sociale, deve essere
impostata in modo da suscitare uomini e donne, non tanto raffinati
intellettualmente, ma di forte personalità, come è richiesto fortemente dal
nostro tempo. Ma a tale senso di responsabilità l'uomo giunge con difficoltà se
le condizioni della vita non gli permettono di prender coscienza della propria
dignità e di rispondere alla sua vocazione, prodigandosi per Dio e per gli
altri.
Invero la libertà umana spesso si indebolisce qualora l'uomo cada in estrema
indigenza, come si degrada quando egli stesso, lasciandosi andare a una vita
troppo facile, si chiude in una specie di aurea solitudine. Al contrario, essa
si fortifica quando l'uomo accetta le inevitabili difficoltà della vita sociale,
assume le molteplici esigenze dell'umana convivenza e si impegna al servizio
della comunità umana. Perciò bisogna stimolare la volontà di tutti ad assumersi
la propria parte nelle comuni imprese. È poi da lodarsi il modo di agire di
quelle nazioni nelle quali la maggioranza dei cittadini è fatta partecipe degli
affari pubblici, in una autentica libertà.
Si deve tuttavia tener conto delle condizioni concrete di ciascun popolo e della
necessaria solidità dei pubblici poteri. Affinché poi tutti i cittadini siano
spinti a partecipare alla vita dei vari gruppi di cui si compone il corpo
sociale, è necessario che trovino in essi dei valori capaci di attirarli e di
disporli al servizio degli altri. Si può pensare legittimamente che il futuro
dell'umanità sia riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere
alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza.
Preghiera
Signore è l'alba.
Fa' che io vada incontro nella pace
a tutto rio che mi porterà questo giorno.
Fa' che io mi consegni totalmente
alla tua santa volontà.
Donami in ogni momento La tua luce e La tua forza.
Qualunque notizia io riceva oggi,
insegnami ad accettarla nella quiete
e nella fede salda che nulla può accadere
se tu non lo permetti.
In ogni mia azione e parola
dirigi i miei pensieri e i miei sentimenti.
In tutti gli eventi inattesi
non farmi dimenticare che ogni cosa proviene da te!
Insegnami ad agire con apertura e intelligenza
verso tutti i miei fratelli e Le mie sorelle
e verso tutti gli uomini,
senza mortificare o contristare nessuno.
Signore, donami La forza di portare
la fatica del giorno che si avvicina,
e di tutti gli eventi inclusi nel suo cuore.
Guida La mia volontà,
insegnami a pregare, a credere,
a perseverare, a soffrire, a perdonare...
e ad amare! (E. Bianchi).
In famiglia
Fare spazio
La
famiglia è il luogo in cui più che altrove si sperimenta quell'amore che alla
fine ci sarà dato con abbondanza inesauribile o del quale, al contrario, più
dolorosamente avvertiamo l'assenza". Questa affermazione di Giovanni Paolo II
ben rappresenta il valore della famiglia.
Per sperimentare l'amore in famiglia bisogna darsi tempo. Il fattore tempo è
fondamentale per non essere sempre legati a risposte on line, in tempo reale,
non legato, come spesso facciamo, agli automatismi, al dare e ricevere risposte
immediate. Darsi tempo innanzitutto per costruire relazioni vere e attente alle
persone che vivono in famiglia, ma anche nei rapporti esterni tra la famiglia e
altre persone e famiglie, tra la famiglia e il territorio, tra la famiglia e la
comunità civile ed ecclesiale dì appartenenza. Gli sforzi in questa direzione
sono sempre difficili. Non siamo favoriti dal contesto quotidiano. Occorre tempo
per vivere, momenti per riflettere assieme, per confrontarsi, per fare qualcosa
insieme in famiglia. Non occorrono scelte stravolgenti: il tempo per una cena
serale in famiglia con tanta attenzione ed impegno da parte di tutti ai ritmi
adatti a tutti le età, può essere una prima scelta semplice e concreta. Il resto
si può inventare.
Darsi tempo per costruire stili di vita essenziali e sobri nella vita familiare.
La scelta di una vita sobria è frutto della coscienza dei propri limiti da parte
della famiglia e della scoperta di aver bisogno degli altri (e i primi "altri"
sono le persone che vivono in famiglia), così come del dovere di dare loro il
proprio sostegno insieme alla consapevolezza che le nostre scelte quotidiane si
riflettono in una dimensione più ampia. Ci sono due grandi questioni alla base
di una riflessione sugli stili di vita familiare di cui bisogna prendere
coscienza: la prima riguarda gli squilibri mondiali esistenti tra il nostro
mondo ricco e i mondi dei poveri del sud, la seconda attiene agli squilibri
ecologici ed ambientali. Entrambe queste questioni hanno riflessi immediati
nella nostra vita quotidiana.
"L'abbondanza ha messo in luce la nostra limitatezza"4, specie in un tempo di
crisi economica e sociale come quello che stiamo vivendo. Ai molti segni + (più)
che hanno caratterizzato la vita del nostro Paese, oggi sono i segni - (meno) a
primeggiare. E non solo verso gli altri, ma addirittura verso noi stessi. Ci è
richiesto uno sforzo di conoscenza dei problemi e delle situazioni di difficoltà
che esistono da noi e soprattutto in altre realtà e parti del mondo che creano
disparità e ingiustizia.
Per essere solidali verso chi ha meno di noi ed ha bisogno del nostro aiuto,
bisogna partire dal farsi alcune domande: qual è il superfluo che sottraiamo al
necessario di altri fratelli? Come consumiamo? Domandiamoci ancora: come
amministriamo i nostri soldi e come Li spendiamo? "Solidali non si nasce ma si
diventa": la sobrietà non è un fattore acquisito per la tendenza umana che ci
porta a ricercare sempre il meglio ed il benessere. Nello stesso tempo oggi più
di ieri, ci è chiesto di domandarci cosa ci fa vivere bene. Avere tanti beni da
consumare non significa necessariamente essere contenti ed avere più qualità
della vita: è il paradosso del benessere.
Se questo aspetto della sobrietà legata al consumo ci pone sempre forti
interrogativi su come viviamo, oggi la questione ecologia e ambiente non ci
lascia scampo al far finta di non vedere i problemi. Può sembrare un paradosso
dover limitare i nostri movimenti, i nostri spostamenti a causa del Pm10 (indice
della presenza delle polveri sottili nell'aria), così come verificare che lo
smaltimento dei rifiuti è un problema rilevante per la nostra vita quotidiana:
Le due cose pongono dei Limiti alle nostre comodità e mettono in discussione gli
stili di vita che abbiamo acquisito e a cui si fa fatica a rinunciare, eppure
siamo giunti a questo punto. La famiglia in questo senso può fare molto. Lo
stile di famiglia può favorire Le piccole scelte che poi diventano grandi
scelte: quelle di sistema, quelle di un paese e di una nazione. Ci viene da
pensare alle scelte concrete proposte, anticipando i tempi odierni, dal Convegno
di Palermo della chiesa italiana5, per costruire un futuro, che è il futuro
delle famiglie, che mette al centro la persona. C'è infine un darsi tempo per
fare spazio nella propria famiglia a chi è nel bisogno. L'essenzialità, la
sobrietà si sperimentano facendo spazio. La famiglia può essere il luogo per
eccellenza dove si fa spazio. Fare famiglia con chi non ce l'ha o è in
difficoltà si traduce nell'essere ospitali, nel favorire L'adozione o l'affido
familiare (che può essere attuato anche da parte di persone singole, anche da
nonni), oppure gestire spazi e momenti con persone sole, in particolare anziane,
o dedicare il proprio tempo a chi ha bisogno di qualcosa. La banca del tempo è
un'iniziativa che potrebbe vedere la famiglia al centro di nuove relazioni, di
aiuto alle povertà legate alla solitudine e all'abbandono. Quale stile di vita
stiamo costruendo?
Sentiamo come adulti una responsabilità sociale nel fatto che le nostre scelte
quotidiane incidono sulla vita di tante persone? Domandiamoci se abbiamo uno
stile di vita sobrio in famiglia: qual è il superfluo che sottraiamo al
necessario di altri fratelli? Come consumiamo?
Ci domandiamo: "come amministriamo i nostri soldi e come li spendiamo"?
Abbiamo dei familiari in difficoltà economiche? Come possiamo essere solidali
con loro?
Come costruiamo nel vivere la nostra dimensione familiare lo spazio per chi è
nel bisogno?
In comunità
La convivialità delle differenze
Anche
desiderando indugiare poco poco sul significato soltanto della parola, molte
altre ne dovremmo utilizzare per sondarne le molteplici concrete ricadute ed
implicanze.
In genere, si tende a glissare da subito nei riguardi dello stesso ambito
sociale che essa si presta ad evocare in prima istanza. Ed invece già a questo
livello, sì propone come terribilmente esigente. Il fatto che rimandi inoltre
anche a democrazia partecipata, come bene grande, ma solo a condizione che ci
riesca di garantirne modalità e regole effettive, come la mettiamo quanto ad
esercizio effettivo, che tutti vorrebbe il più possibile consapevoli,
responsabili, disponibili, coinvolti...?
Qualora poi, come dobbiamo, riconduciamo la comunità alla sua sorgente, cioè la
comunione trinitaria, di cui rappresenta il dono più sublime, chiamati come
siamo a viverne lo spirito come stile concreto di vita, a nessuno dovrebbe
sfuggire a quale tipo di conversione permanente dovremmo continuamente
sottoporci. Così come se La rapportiamo all'amore senza misura di cui continua a
farsi beneficamente, insuperabilmente esemplare il nostro beneamato Salvatore.
Ecco, pertanto, in sequenza, alcune imprescindibili indicazioni.
La persona, ogni persona, prima di tutto. Quando una persona si sente accolta,
benvoluta, scatena il finimondo delle proprie risorse. In AC questo primato c'è
da augurarsi che sia effettivo. Sentirsi infatti a proprio agio, fa si che un
ambiente "parli" anche senza parole e che risulti significativo, attraente. Non
è certamente gratuita l'impagabile "convivialità delle differenze". Oltre che
volerla, dichiararla, bisogna invocarla e metterci del proprio. E certamente
ogni tipo dì armonia è possibile, quando ogni voce esprime il proprio timbro al
meglio. Anche questa è prova che mai L'AC ha inteso di proposito disattendere.
Il gusto e l'esercizio delle relazioni, va "preferito" e "pre-messo" ad ogni pur
impellente iniziativa.
Non si finisca di vigilare sui sentimenti vicendevoli. Quelli violenti,
reattivi, pur se tacitati, scatenano devastazioni spesso tremendamente
irreversibili.
Darsi volentieri e con riconoscenza alla correzione fraterna è altro non
trascurabile compito. Siamo invitati a praticarla però al momento e nel Luogo
opportuni, con garbo e delicatezza mai scontati. Non giocare alle belle
statuine, con il trionfo dei formalismi senz'anima.
Non pochi che fanno tutto, ma tutti che si prestano secondo le Loro effettive
possibilità.
Ridurre gradualmente, fino all'estinzione totale, lo stile delega facile,
appalti generosi e rappresentanze appena nominali. Dare profondità agli
strumenti ed alle occasioni di discernimento, dì partecipazione, di decisione.
L'associazione, con ì suoi ritmi, Le sue modalità, i suoi organismi, funziona
soltanto a prezzo di trasparenza, di impegno, di responsabilità effettiva, non
solo dichiarata.
La tendenza al protagonismo è ogni volta da verificare e va, in ogni caso,
tenuta ben sotto controllo.
La stessa disponibilità va liberata da eventuali vizi psichici: la propria
malcelata superiorità, il bisogno di evidenza. La ricerca di nicchia, la fuga da
solitudini disabitate...
Nell'espletare un qualunque servizio, se ne verifichi La gratuità reale, oltre
la stessa legittima riconoscenza, il plauso... Il dono di sé, piccolo o più
grande che sia, venga accompagnato sempre dalla gioia. Rende molto di più!
Attenti ai ghetti, alle chiese parallele...
La parrocchia è di tutti e, a partire da essa e dal territorio in cui è posta,
proprio chi aderisce all'AC, si faccia premura di spendere la propria fedeltà a
Gesù e al Suo Vangelo. Lì dove La vita ci ha posti sia il banco di prova
effettivo con cui costantemente misurarci.
Ovviamente, l'apertura al vicariato/decanato..., alla diocesi non può che porsi
in circolarità benefica con la propria comunità cristiana di appartenenza.
Sogni, ideali, progetti... È sempre una bella sorpresa scoprirci fervorosi,
entusiasti, generosi, con tanto futuro in corpo. Quando ci attraversano grandi
passioni, quando lo sguardo prende i confini del mondo. Quando ci inquietiamo,
ci commuoviamo per lentezze indotte, ingiustizie palesi, drammi spaventosamente
dilaganti. Quando non ci limitiamo a guardare, a deplorare. Quando ci mettiamo
in gioco. Quando, per la forza che ci viene da Lui, non ci incupisce nessuna
paura, nessuna ansia, nessuna angoscia. Quando sentiamo che questo mondo ci
appartiene e che, anche nei solchi storti delle sue zolle, attecchiscono
speranze Luminose. Quando ci riesce di lavorare
alle cause buone, di far crescere l'amore, siamo in grado di costruire Là
soprattutto dove ci sono cumuli di macerie, dove la vita sa di amarezza, di
sconfitta, di castigo, dì passione inutile, a dedizione incondizionata, a
qualunque prezzo...
In momenti di questo genere, non manca mai chi ci fa arrivare il Suo
compiacimento, che ci incoraggia, che ci rassicura: "... beati i costruttori di
pace, i facitori di misericordia, gli elargitoli di amore, i banditori di
speranze efficaci...".
In società
Servire il bene comune
Analogamente a quanto succede nel mondo economico, nei tempi di crisi e di
difficoltà emergono spesso risorse inespresse, creatività nell'intuire percorsi
verso nuove responsabilità, nuove modalità di costruzione della città, nuove
responsabilità verso il bene comune. Sotto questo profilo, esistono degli spazi
inediti per una presenza qualificata dei laici credenti in politica come
evidenziato anche dal Convegno di Palermo del 19956 e dagli attuali Orientamenti
pastorali7 (nn. 61-62), che hanno indicato un'attenzione precisa al ruolo dei
laici nel contesto di un rinnovato modo di servire la "città dell'uomo".
Particolari attese suscita il Laicato di AC, rispetto al quale l'Arcivescovo D.
Tettamanzi di Milano ha recentemente detto: "Quanto poi alla 'azione' nella
società, mi auguro e mi aspetto che, in particolare tra i giovani e gli adulti,
non manchino, ma anzi crescano i laici di Azione Cattolica che sentono l'urgenza
e la necessità di impegnarsi personalmente e in modo diretto in campo sociale e
politico, rimanendo fedeli alla propria identità e senza smarrirla mai".
La società complessa nella quale viviamo e siamo chiamati ad esercitare la
nostra responsabilità per il bene comune, ci pone spesso degli interrogativi e
delle questioni forti. Come credenti ci domandiamo, innanzitutto, come possiamo
annunciare la speranza in un mondo migliore, più fraterno ed in pace, nella
realtà sociale, economica e politica di oggi? Quali sono gli ambiti "nuovi" che
il laico credente può esprimere per costruire La città e con quali metodologie?
Per un rinnovamento delta società, della politica, dell'economia, potremmo
offrire un contributo qualificato, oltre che in nuovi stili di accoglienza e di
partecipazione, indicati nei capitoli precedenti, anche nell'ambito della
comunicazione. Per costruire bisogna comunicare, fare attenzione ai linguaggi.
Non è più sufficiente dare per scontato che siano i mezzi di comunicazione di
massa a permetterci una migliore comunicazione. La comunicazione efficace si fa
attraverso i linguaggi comprensibili dell'accompagnamento, del fare tratti di
strada e percorsi con le persone. Tutto questo spesso non avviene. Un servizio
al bene comune non può prescindere dal prestare attenzione alla comunicazione e
ai linguaggi tra persone.
Il rinnovamento della politica passa anche dalla capacità di avvicinare Le
persone grazie ad alcuni passaggi che delineano uno stile, una modalità del
servire il bene comune tutt'altro che scontata. Ne ricordiamo alcuni:
-
avere coscienza dei limiti della politica e andare al di là della politica,
ricordando che il bene più importante è La vita delle persone;
-
sapere che i conflitti sono parte del vivere sociale e se da un lato possono
sembrare un ostacolo alla crescita di una dimensione di convivenza e di
cittadinanza più convinta, dall'altro possono anche rappresentare
opportunità per cogliere i segni del cambiamento; la gestione del conflitto
può essere un'occasione per fare emergere istanze e bisogni inespressi;
-
favorire la crescita di percorsi di una cittadinanza che non sia sempre
legata a percorsi utilitaristici, ma che rappresenti un servizio gratuito
per il bene di tutti;
-
fare "Laboratorio", cioè trovare spazi e modi di confronto per la
costruzione di processi condivisi è La sfida più significativa per far
maturare una responsabilità concreta per il bene comune e, nel contempo per
costruire una città a misura delle persone. È troppo semplice e facile
pensare che uno o pochi decidano per tutti. È più faticoso, ma senz'altro
più attraente, costruire insieme.
Dalla
Lettura critica alla partecipazione attiva: è il nostro percorso di cristiani
fedeli a Dio e all'uomo?
Quale cura possiamo vivere nella comunicazione sociale e in quella
interpersonale?
Il gruppo adulti può intraprendere un progetto articolato o vivere un'attenzione
semplice nei confronti degli strumenti e delle modalità di comunicazione che
sono in atto in parrocchia, nella vicaria e in diocesi, sia a Livello ecclesiale
che associativo, anche come contributo qualificato al Progetto Culturale della
Chiesa Italiana. Il progetto nazionale "Dialoghi" per la cultura e la
comunicazione può indicare ulteriori passi di azione costruttiva su questo
importante aspetto del vivere sociale.
Per saperne di
più
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