Scheda 4

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Perseverare

La speranza continua

 

Interroghiamoci

Un impegno "a sprazzi", un entusiasmo passeggero, un gesto episodico non sono sufficienti per costruire una persona e una storia: ogni cosa richiede pazienza, fedeltà, perseveranza.

  • Perseveranza è rimanere fermi e stabili come sassi, con la paura del cambiamento, o crescere ed evolvere portando frutto dentro la storia, assumendone gli stimoli?

  • La cultura odierna del "mordi e fuggi" appare agli antipodi della virtù della perseveranza: come educarci ed educare alla fedeltà, agli impegni e al rimanere radicati in ciò che vale?

  • Di fronte alle situazioni di dolore e di morte presenti nel mondo, come perseverare nell'amore?

  • Conosci qualche persona che è stata riconosciuta per la sua perseveranza?

 

Dialoghiamo col Risorto (ascoltiamo la Parola)

Un termine tipico del Vangelo di Giovanni è "rimanere": Cristo in noi e noi in Cristo, in un profondo legame di amore e di amicizia. È questa la condizione per vivere in pienezza e portare frutto abbondante, secondo il testo evangelico della sesta domenica di Pasqua.

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (15,9-17):

"Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri".

 

Confrontiamoci

Che cosa c'è di più bello nella vita che amare e lasciarsi amare? È l'esperienza in cui ciascuno di noi percepisce una dimensione di gratuità liberante per la quale vale la pena vivere e morire. Chi ama sente il mondo intorno a se aprirsi, dilatarsi, e tutto ciò che lo circonda assume dignità nuova. Eppure è proprio questo, non altro, il comando che il Signore Gesù consegna ai suoi nel momento del congedo: "Che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi ..." È l'invito ad assumere l'atteggiamento di Dio Padre nei confronti del mondo: custodirlo con amore. Come si può tradurre oggi, in un tempo segnato da un individualismo spinto, il compito di perseverare nell'amore? Ci sono richieste umiltà e forza, pazienza e intelligenza. Nella società contemporanea vi è la tentazione diffusa di passare da un'esperienza all'altra, da un'emozione all'altra, di provare tutto quello che il "mercato" offre, anche nell'ambito delle proposte formative e spirituali, quasi a dare una risposta immediata ai bisogni che emergono in superficie, prima ancora di comprenderne la natura. Al contrario si sfugge alla fatica di trovare il filo che lega gli avvenimenti, di costruire intorno ad un centro le nostre esperienze e su questa base operare scelte. Se ne ricava un senso di fragilità e frammentarietà che rende difficile un dialogo autentico; Il primo passo è un atto di umiltà: il limite e la fragilità ci riguardano in prima persona.

A partire dalla consapevolezza di questa frammentarietà, senza giudicare, possiamo cercare di andare oltre l'immediatezza del bisogno per risvegliare il desiderio di una vita più umana, in cui ognuno possa ritrovarsi come persona e riconoscere nell'altro una persona. "Se vuoi costruire un'imbarcazione, non preoccuparti tanto di adunare uomini per raccogliere legname, preparare attrezzi, affidare incarichi e distribuire lavoro, vedi piuttosto di risvegliare in loro la nostalgia del mare e della sua sconfinata grandezza" (A. De Saint-Exupery)

Per fare questo occorre mantener fede ai propri impegni quotidiani e alle relazioni familiari e amicali con costanza, come la roccia che si lascia levigare, ma non frantumare o spazzar via. Insomma, c'è qualcosa che deve resistere e qualcosa che va modificato e negoziato giorno per giorno. È richiesta la pazienza di chi sa attendere alzandolo sguardo, la pazienza del contadino, che "ama l'aratura e la semina non meno del raccolto". Infatti un'altra tentazione diffusa nel nostro tempo è la fretta di conseguire risultati, di raggiungere il successo. Fretta e impazienza, non meno della paura, sono nemiche della speranza. Per i cristiani, si tratta di contare sull'amore di Cristo, non per ottenere prestigio, ma per portare frutto. E i frutti arrivano quand'è la loro stagione. Non sempre chi semina raccoglie. L'importante è fare ciascuno la propria parte. "Non spada, non violenza, non denaro. Nulla di tutto questo ci è necessario per costruire il regno di Dio. È al tempo stesso una cosa ben più modesta e al tempo stesso ben più importante che il Signore ci richiede: dare testimonianza ... La testimonianza senza parole, quella che il vero cristiano vive quotidianamente, a casa, durante il lavoro, nei campi, nelle officine, di fronte agli uomini. .." Questo era il pensiero di J. Mayr Nusser, sposo e padre, presidente di AC, morto per aver resistito alla prepotenza nazista, rifiutando di giurare a Hitler. A noi, forse, non è chiesto questo martirio, ma la resistenza di chi sa opporre allo sgarbo, alla sgomitata quotidiana, la capacità di non restituirli. E come a Mayr Nusser, che seppe cogliere la pericolosità della moderna idolatria del capo e opporvisi, ci è chiesta l'intelligenza di chi è attento ai segni dei tempi. È qui che si applica l'invito di Pietro a "rendere ragione della Speranza". Compito del cristiano è quello di cogliere anche nelle situazioni problematiche e negative i germi di novità e di portare alla luce i segni di resurrezione presenti nel suo tempo. Come diceva don Tonino Bello "accendere un fiammifero vale infinitamente più che maledire l'oscurità".

 

Meditiamo e preghiamo

Lc 21,19: "Nella perseveranza la salvezza"

[19] Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime.

 

Fil 3,12-16: "Corro verso la meta"

[12]Non però che io abbia gia conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anch'io sono stato conquistato da Gesù Cristo. [13]Fratelli, io non ritengo ancora di esservi giunto, questo soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il futuro, [14]corro verso la mèta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù. [15]Quanti dunque siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo. [16]Intanto, dal punto a cui siamo arrivati continuiamo ad avanzare sulla stessa linea.

 

CONCILIO VATICANO Il: Gaudium et Spes, n. 28

Il rispetto e l'amore per gli avversari

Il rispetto e l'amore deve estendersi pure a coloro che pensano od operano diversamente da noi nelle cose sociali, politiche e persino religiose, poiché con quanta maggiore umanità e amore penetreremo nei loro modi di vedere, tanto più facilmente potremo con loro iniziare un dialogo.

Certamente tale amore e amabilità non devono in alcun modo renderci indifferenti verso la verità e il bene. Anzi è l'amore stesso che spinge i discepoli di Cristo ad annunziare a tutti gli uomini la verità che salva. Ma occorre distinguere tra errore, sempre da rifiutarsi, ed errante, che conserva sempre la dignità di persona, anche quando è macchiato da false o insufficienti nozioni religiose.

Solo Dio è giudice e scrutatore dei cuori; perciò ci vieta di giudicare la colpevolezza interiore di chiunque. La dottrina del Cristo esige che noi perdoniamo anche le ingiurie e il precetto dell'amore si estende a tutti i nemici; questo è il comandamento della nuova legge: «Udiste che fu detto: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e fate del bene a coloro che vi odiano e pregate per i vostri persecutori e calunniatori » (Mt5,43).

 

CONCILIO VATICANO Il: Gaudium et Spes, n. 39

Terra nuova e cielo nuovo

Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l'umanità e non sappiamo in che modo sarà trasformato l'universo. Passa certamente l'aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo però dalla Rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia , e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini .

Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato in infermità e corruzione rivestirà l'incorruttibilità; resterà la carità coi suoi frutti, e sarà liberata dalla schiavitù della vanità tutta quella realtà che Dio ha creato appunto per l'uomo.

Certo, siamo avvertiti che niente giova all'uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso. Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo della umanità nuova che già riesce ad offrire una certa prefigurazione, che adombra il mondo nuovo.

Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, tale progresso, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, è di grande importanza per il regno di Dio. Ed infatti quei valori, quali la dignità dell'uomo, la comunione fraterna e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre « il regno eterno ed universale: che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace ».

Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione.

 

CONCILIO VATICANO Il: Gaudium et Spes, n. 43

L'aiuto che la Chiesa intende dare all'attività umana per mezzo dei cristiani

Il Concilio esorta i cristiani, cittadini dell'una e dell'altra città, di sforzarsi di compiere fedelmente i propri doveri terreni, facendosi guidare dallo spirito del Vangelo.

Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura, pensano che per questo possono trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno.

A loro volta non sono meno in errore coloro che pensano di potersi immergere talmente nelle attività terrene, come se queste fossero del tutto estranee alla vita religiosa, la quale consisterebbe, secondo loro, esclusivamente in atti di culto e in alcuni doveri morali.

La dissociazione, che si costata in molti, tra la fede che professano e la loro vita quotidiana, va annoverata tra i più gravi errori del nostro tempo.

Contro questo scandalo già nell'Antico Testamento elevavano con veemenza i loro rimproveri i profeti e ancora di più Gesù Cristo stesso, nel Nuovo Testamento, minacciava gravi castighi.

Non si crei perciò un'opposizione artificiale tra le attività professionali e sociali da una parte, e la vita religiosa dall'altra. Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria salvezza eterna.

Gioiscano piuttosto i cristiani, seguendo l'esempio di Cristo che fu un artigiano, di poter esplicare tutte le loro attività terrene unificando gli sforzi umani, domestici, professionali, scientifici e tecnici in una sola sintesi vitale insieme con i beni religiosi, sotto la cui altissima direzione tutto viene coordinato a gloria di Dio. Ai laici spettano propriamente, anche se non esclusivamente, gli impegni e le attività temporali. Quando essi, dunque, agiscono quali cittadini del mondo, sia individualmente sia associati, non solo rispetteranno le leggi proprie di ciascuna disciplina, ma si sforzeranno di acquistare una vera perizia in quei campi. Daranno volentieri la loro cooperazione a quanti mirano a identiche finalità. Nel rispetto delle esigenze della fede e ripieni della sua forza, escogitino senza tregua nuove iniziative, ove occorra, e ne assicurino la realizzazione.

Spetta alla loro coscienza, già convenientemente formata, di inscrivere la legge divina nella vita della città terrena. Dai sacerdoti i laici si aspettino luce e forza spirituale.

Non pensino però che i loro pastori siano sempre esperti a tal punto che, ad ogni nuovo problema che sorge, anche a quelli gravi, essi possano avere pronta una soluzione concreta, o che proprio a questo li chiami la loro missione; assumano invece essi, piuttosto, la propria responsabilità, alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla dottrina del magistero.

Per lo più sarà la stessa visione cristiana della realtà che li orienterà, in certe circostanze, a una determinata soluzione. Tuttavia, altri fedeli altrettanto sinceramente potranno esprimere un giudizio diverso sulla medesima questione, come succede abbastanza spesso e legittimamente.

Ché se le soluzioni proposte da un lato o dall'altro, anche oltre le intenzioni delle parti, vengono facilmente da molti collegate con il messaggio evangelico, in tali casi ricordino essi che nessuno ha il diritto di rivendicare esclusivamente in favore della propria opinione l'autorità della Chiesa.

Invece cerchino sempre di illuminarsi vicendevolmente attraverso un dialogo sincero, mantenendo sempre la mutua carità e avendo cura in primo luogo del bene comune.

I laici, che hanno responsabilità attive dentro tutta la vita della Chiesa, non solo sono tenuti a procurare l'animazione del mondo con lo spirito cristiano, ma sono chiamati anche ad essere testimoni di Cristo in ogni circostanza e anche in mezzo alla comunità umana.

I vescovi, poi, cui è affidato l'incarico di reggere la Chiesa di Dio, devono insieme con i loro preti predicare il messaggio di Cristo in modo tale che tutte le attività terrene dei fedeli siano pervase dalla luce del Vangelo.

Inoltre i pastori tutti ricordino che essi con la loro quotidiana condotta e con la loro sollecitudine mostrano al mondo un volto della Chiesa, in base al quale gli uomini si fanno un giudizio sulla efficacia e sulla verità del messaggio cristiano. Con la vita e con la parola, uniti ai religiosi e ai loro fedeli, dimostrino che la Chiesa, già con la sola sua presenza, con tutti i doni che contiene, è sorgente inesauribile di quelle forze di cui ha assoluto bisogno il mondo moderno.

Con lo studio assiduo si rendano capaci di assumere la propria responsabilità nel dialogo col mondo e con gli uomini di qualsiasi opinione.

Soprattutto però abbiano in mente le parole di questo Concilio: « Siccome oggi l'umanità va sempre più organizzandosi in unità civile, economica e sociale, è tanto più necessario che i sacerdoti, unendo sforzi e mezzi sotto la guida dei vescovi e del sommo Pontefice, eliminino ogni motivo di dispersione, affinché tutto il genere umano sia ricondotto all'unità della famiglia di Dio ».

Benché la Chiesa, per la virtù dello Spirito Santo, sia rimasta la sposa fedele del suo Signore e non abbia mai cessato di essere segno di salvezza nel mondo, essa tuttavia non ignora affatto che tra i suoi membri sia chierici che laici, nel corso della sua lunga storia, non sono mancati di quelli che non furono fedeli allo Spirito di Dio.

E anche ai nostri giorni sa bene la Chiesa quanto distanti siano tra loro il messaggio ch'essa reca e l'umana debolezza di coloro cui è affidato il Vangelo. Qualunque sia il giudizio che la storia dà di tali difetti, noi dobbiamo esserne consapevoli e combatterli con forza, perché non ne abbia danno la diffusione del Vangelo. Così pure la Chiesa sa bene quanto essa debba continuamente maturare imparando dall'esperienza di secoli, nel modo di realizzare i suoi rapporti col mondo.

Guidata dallo Spirito Santo, la madre Chiesa non si stancherà di «esortare i suoi figli a purificarsi e a rinnovarsi, perché il segno di Cristo risplenda ancor più chiaramente sul volto della Chiesa».

 

In famiglia

Resistenza attiva

Non è facile parlare di perseveranza nell'amore a proposito della vita familiare. Oggi infatti è più difficile di un tempo evitare i fallimenti nei rapporti di coppia e di famiglia: da un lato, non si è più disposti a sopportare un rapporto che non sia autentico e vitale, dall'altro non tutti sanno affrontare con la stessa tempestività e resistenza i cambiamenti e soprattutto non tutti sanno farli diventare motivo per rinsaldare e rinnovare l'amore. A ciò si aggiunge quella tendenza diffusa a vivere frammenti di esperienze e a rinviare l'assunzione di impegni stabili. Anche i legami familiari alla pari, tra fratelli e sorelle ormai diventati adulti, o i rapporti tra genitori che diventano anziani e figli adulti, soprattutto quando si vivono stili e scelte di vita differenti, comportano la ridefinizione di equilibri difficili da mantenere. Eppure il microcosmo familiare ci aiuta a calare a livello di ordinarietà la riflessione sulle modalità di resistenza attiva: nel tessuto di relazioni tra coniugi, tra fratelli, tra figli e genitori si possono insinuare gelosie, invidie, "tradimenti", incomprensioni che generano conflitti, oppure si può cadere in una certa routine e può farsi forte, con il passare degli anni, il bisogno di sicurezze con un conseguente aumento di attenzione a noi stessi a scapito di quella che dovremmo rivolgere agli altri. Perseverare è allora vigilare sull'amore coniugale, ma anche su quello verso i figli, verso i genitori e tutti i componenti la famiglia, per prevenire i rischi della routine che porta a dare l'amore per scontato e può condurre alla incomunicabilità; è essere attenti ai rapporti con la propria famiglia d'origine perché i legami con cui siamo cresciuti rimangano; è vigilare perché nella vita da anziani possiamo mantenere quell'equilibrio tra il bisogno di non sentirsi esclusi e la premura a far sì che la nostra presenza in famiglia, o per la famiglia, sia significativa. Anche l'impegno per la gestione dei tempi familiari e di lavoro, nonché delle risorse economiche, potrebbe lentamente e inavvertitamente generare una comunicazione superficiale. Al contrario l'appagamento dato da obiettivi raggiunti può indurre ad adagiarsi, quando occorre invece alimentare giorno dopo giorno l'amore nei legami famigliari tra tutte le età. Comprendiamo così che il dimorare nell'amore non ha niente a che fare con l'immobilità o la passività, ma è l'esercizio di una virtù attiva. Certo, accanto al rischio della noia da abitudine vi è, come si diceva, quello della conflittualità.

Paradossalmente una novità che irrompe può mettere a dura prova l'amore:

- la nascita di un figlio, che impone nuovi ritmi alla vita familiare e alle "abitudini consolidate";

- nuove scelte professionali (tanto quelle liberamente prese quanto quelle imposte dal vivere sociale o dalle necessità economiche), che ridisegnano tempi e termini di convivenza;

- la crescita dei figli, che riporta la coppia a trovarsi nuovamente sola con nuovi spazi da reinventare;

- una improvvisa e grave malattia che colpisce un membro giovane della famiglia;

- l'insorgenza di serie difficoltà economiche;

- l'assistenza ad un familiare divenuto non autosufficiente;

- la nostra graduale perdita di autonomia, difficile a volte da accettare da parte nostra e dei nostri familiari.

Come resistere? Innanzitutto occorre l'umile consapevolezza che il contesto che si fa difficile è spesso non scelto da noi e la rassegnazione o la fuga lascerebbero tutto inalterato. È poi necessario darsi tempo per leggere in profondità la realtà che si sta vivendo e da lì partire per recuperare la storia passata e trovare uno sbocco. Il rischio è invece quello di rimuginare il passato, i torti subiti, inacidendo. Per questo però c'è bisogno di creare luoghi di tregua e di dialogo, sapendo che il conflitto è una condizione che fa parte della vita e va abitato: c'è il momento in cui è importante chiarire con franchezza il problema e le proprie posizioni e il momento in cui conviene mettersi in discussione. Quando il nuovo che irrompe è qualcosa di indipendente dalla nostra volontà il pericolo è quello di fermarsi a rimpiangere il tempo in cui le cose andavano bene senza riuscire ad accettare quello che sta capitando. Ci si può invece fare carico della nuova situazione mantenendo la serenità di chi sa che tutto ciò che accade ha un suo significato anche se sfugge alla nostra comprensione e che, comunque, siamo nelle mani di Dio che non ci farà mancare il suo aiuto. S. Agostino dava questo consiglio: "Una volta per tutte ti viene dunque dato un breve precetto: ama e fa' ciò che vuoi; se taci, taci per amore; se parli, parla per amore; se correggi, correggi per amore. Sia in te la radice dell'amore, perché da questa radice non può che nascere il bene': Amare, quindi, tutti e tutto, paradossalmente anche quello che non riusciamo ad accettare intravedendo nei fatti e nelle situazioni dolorose prospettive di speranza. La nostra capacità di resistere, perseverando nell'amore, non può essere solo per noi, ma deve essere anche per l'altro, per tutti gli altri. Stiamo vivendo esperienze di "resistenza attiva" nei nostri rapporti familiari? Preghiamo per i nostri familiari per sentirci sostenuti soprattutto nelle situazioni di maggior tensione? Quali novità stanno irrompendo nella nostra vita? Quale stile di resistenza mettiamo in atto?

 

In comunità

Dedicati cioè corresponsabili

Come concretizzare nella vita e nelle scelte delle nostre comunità l'impegno a perseverare nell'amore? Ci vuole pazienza e coraggio. Arrendersi a Dio per resistere. Nella lettera di San Giacomo alle sue comunità troviamo il suggerimento a pazientare con coraggio: "Guardate il contadino: egli aspetta con pazienza che la terra produca i suoi frutti preziosi, aspetta le piogge di primavera e le piogge d'autunno. Cosi siate pazienti anche voi, e fatevi coraggio" (Gc 5,7-8). E San Pietro, nella prima lettera: "... non lasciatevi spaventare. Piuttosto riconoscete nel vostro cuore che Cristo è il Signore. Siate sempre pronti a rispondere a quelli che vi chiedono spiegazioni sulla speranza che avete in voi, ma rispondete con gentilezza e rispetto, con la coscienza pulita" (cfr: 1Pt 3,13-16). Questo invito a rendere ragione della speranza comprende il triplice richiamo a ricondurre il nostro agire al fondamento della fede (Cristo morto e risorto), a rapportarci necessariamente agli altri, a indicare i segni della speranza nell'oggi, ma con gentilezza e rispetto. Nelle nostre comunità la fatica di individuare l'essenziale e ciò che è veramente urgente richiede tempo, pazienza e metodo sinodale. Solo se ci sono questi tre elementi è possibile progettare con larghezza d'animo e sguardo lungo, quello sguardo che consente di leggere e di porre segni di speranza.

Nelle nostre comunità capita invece spesso che si operi in questo modo:

- si rincorre l'urgenza, senza avere la pazienza di confrontarsi insieme per comprendere l'origine dei problemi o dei bisogni e individuare delle priorità;

- si pensa che in pochi, in due o tre, si fa prima a prendere decisioni, quando, invece, il contributo di molti, anche se richiede più tempo, aiuta a convertirsi e a vedere la realtà da un'altra prospettiva; talvolta la comunità parrocchiale agisce come se fosse autoreferenziale;

- nell'impazienza di vedere i risultati si rischia di assumere la logica dell'usa e getta, tipica della società del benessere. Sulla base di una distorta concezione della novità e dell'essere al passo coi tempi, non si fa in tempo a finire un percorso, un'iniziativa, a portare a termine un progetto, che subito si prova qualcosa di nuovo. Ora il nuovo sta invece non nelle cose da fare, ma nel rinnovamento del cuore, nella capacità di guardare da una prospettiva nuova. La capacità di essere e fare memoria del cammino fatto, di fare tesoro dell'esperienza e della testimonianza di chi ci ha preceduto, di valorizzare comunque il buono sicuramente presente anche in qualche proposta non andata a "segno", è un modo per ridare centralità alla vita e alla dignità delle persone. Già questo è un piccolo segno di speranza che la comunità può vivere e testimoniare. Del resto, se ci mettiamo nelle mani di Dio, non possiamo al tempo stesso ricorrere alla logica del successo, del benessere, dei mezzi potenti. Alla ricerca del benessere la comunità dovrebbe sostituire la logica del "benedire".

Quale contributo può dare in questo senso la nostra associazione? Possiamo fare riferimento ai punti 5, 6 e 7 dell'Introduzione al nuovo Progetto Formativo Perché si formato Cristo in voi, dove la perseveranza è declinata in alcune scelte che davvero contraddistinguono l'AC: la dedizione stabile alla propria Chiesa, la scelta associativa e democratica come palestra di comunione e il primato della persona.

"Dedicati alla propria Chiesa: è un termine intenso, che dice legame spirituale e insieme affettivo; dice impegno concreto; dice un servizio che nasce dall'amore e si alimenta di corresponsabilità... L'essere dedicati indica una scelta della vita, non episodica ma permanente ... Oggi non si può scegliere la parrocchia se non attraverso un lavoro formativo che sostenga il cammino della quotidianità, che insegni un amore oblativo capace di servizio, che sappia attraversare le situazioni di conflitto con chiarezza e amore ... che insegni una pazienza che non spegne gli slanci e una fedeltà che non scade nella mediocrità, che insegni a osare prospettive nuove assunte per fedeltà".

"L'esperienza associativa costituisce una scuola di grande valore; essa richiede attenzioni e cura perché non scada in puro fatto organizzativo, ma conservi la carica umana e spirituale di incontro tra le persone, in una familiarità che tende alla comunione e in un coinvolgimento che tende alla corresponsabilità. La scelta democratica esprime questi orientamenti per costruire un'esperienza che nasca dal contributo di tutti e si avvalga della partecipazione di ciascun aderente".

"Ripartire dalla persona significa quindi accompagnare ciascuno a vivere un cammino formativo personale che può attingere alla pluralità di itinerari che fanno ricco e articolato il cammino dell'AC, nella convinzione che la sintesi deve avvenire nella coscienza e che ciascuno deve essere aiutato a giungere ad essa. Ripartire dalla persona significa anche ripartire dalle persone degli educatori: figure forti, donne e uomini ricchi di esperienza cristiana.


In società
Pazienza e coraggio

 

La "rinnovata ricerca di senso" di molti uomini e donne ci richiede un atteggiamento vigilante e la capacità di Leggere i segni dei tempi e fare discernimento. "Bisogna conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo nonché le sue attese, le sue aspirazioni e la sua indole spesso drammatiche" ci ricorda il Concilio nella Gaudium et spes (n. 4). Tutto ciò ci induce a credere che La fiducia e la perseveranza debbano alimentare il nostro pensare e il nostro agire perché la complessità delle sfide che abbiamo di fronte richiede La pazienza di ricercare le risposte che, inevitabilmente, fanno i conti con La parzialità della storia e del tempo nei quali sono collocate. Per contro, il rischio che il cristiano corre dentro la complessità è quello di scoraggiarsi alle prime difficoltà dei tempi lunghi. La mentalità corrente è infatti segnata da diversi condizionamenti come un certo vivere "on line" che brucia i significati nell'immediato. L'orizzonte temporale di riferimento per tante cose della vita di oggi è diventato l'istante, non solo perché la globalizzazione è stato il vettore di questa prospettiva, ma anche perché non riusciamo più a gustare La fatica e La prospettiva di un cammino, la logica di darsi del tempo per riflettere. In questa ottica è importante andare all'essenziale e riscoprire La virtù della costanza, necessaria per far maturare i valori che rendono il vivere sodale più fraterno e rispettoso delle diversità. Oltre a questo vivere "senza tempo" ci sono anche altri "pericoli" che minano L'impegno nella società. Prima di tutto evidenziamo la cosiddetta "sindrome d'assedio" o Logica del sottrarsi alla storia per "mettersi in salvo". Di fronte a questo primo pericolo siamo chiamati a "resistere" per non sentirci presi dal nemico che ci ha circondato, pensando esclusivamente a salvare noi stessi. Dobbiamo guardare "oltre", coltivare La speranza. Abbiamo avuto dei grandi testimoni capaci di superare anche Le difficoltà più incredibili ed assurde. Noi non siamo da meno in questa resistenza. Nella conclusione della XII Assemblea diceva Paola Bignardi: "L'Azione Cattolica che ci ha preceduto, quando è stata agli appuntamenti gravi della storia, ha fatto la sua parte. E la nostra vigilanza, oggi, ha soprattutto due sfide di fronte a sé: quella della vita e quella della Costituzione". Un secondo pericolo è dato dalla tentazione dell'indifferenza. Spesso sì pensa che scansare Le questioni e i conflitti possa risolvere le difficoltà di una convivenza sempre più complessa e problematica. La capacità che va controcorrente è invece quella di credere che bisogna stare dentro alle situazioni, credere ed operare affinché comunque una soluzione sia possibile, auspicando relazioni che partono dalle persone e non dalle situazioni e dai contesti. "La costruzione di un mondo nuovo è frutto di precisa fatica, di paziente sacrificio e di indispensabile passione" (Danilo Dolci). Forse in questo tempo ci manca spesso La passione che è una virtù dei perseveranti e di quelli che sperano in un mondo migliore. Quali sono i pericoli che maggiormente minano la nostra perseveranza e fedeltà? Quali ambiti di vigilanza riteniamo essere oggi più urgenti? Vita e Costituzione? Cerchiamo i modi con i quali sperimentare l'essere perseveranti nell'azione oggi. Il gruppo adulti è sollecitato confrontarsi e a provare cammini di perseveranza in due ambiti: gli stili di vita solidali, la pratica del dialogo interculturale. I segni della giustizia della pace si misurano oggi attraverso nuovi stili di vita. Alcune proposte sono già conosciute altre meritano attenzione. Ne elenchiamo alcune: adozioni a distanza, bilanci di giustizia, volontariato internazionale, commercio equo e solidale, vacanze contromano, risparmio e finanza etica, boicottaggio, educazione allo sviluppo e alla mondialità, consumo critico, turismo responsabile, coordinamento e reti, gruppi di acquisto solidale, servizio civile volontario, caschi bianchi, diplomazia popolare e azioni non violente, campagne peri diritti umani, informazione alternativa. Il dialogo interculturale è un altro strumento importante per capire e praticare la perseveranza, esso significa passione per gli altri, fecondità nel cogliere le voci che ci circondano, essere informati sulla vita dell'altro, sui perché di certe scelte. Questo dialogo porta frutto nel tempo permettendo la "convivialità delle differenze" (don Tonino Bello).

 

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