Scheda 3

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Custodire

La speranza si fa dono

Interroghiamoci

Evidentemente non basta riconoscere e accogliere doni e opportunità, persone e storie: è necessario conservare e custodire, perché nulla vada perduto e tutto sia valorizzato.

  • Custodire un dono o possedere un bene? Quali stili di vita conseguono alla scelta compiuta?

  • Che cosa prevale nella nostra vita: "custodire" se stessi o "perdersi" per gli altri?

  • La Chiesa è chiamata a custodire la memoria della Pasqua del Signore. Che significa?

  • Che cosa vuol dire per la nostra vita?

  • Assumiamo la logica della Pasqua di fronte alla sofferenza dell'uomo e del mondo?

 

Dialoghiamo col Risorto (ascoltiamo la Parola)

I doni di cui si è portatori e le nostre stesse persone possono essere paragonate al "seme" che muore e si moltiplica, simbolo primariamente della Pasqua di Gesù.

"Custodire": non come il talento sotterrato, ma come il chicco seminato, perché, marcendo, produca molto frutto. È il Vangelo della quinta domenica di Quaresima.

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (12,20-33):

"Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c'erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsaida di Galilea, e gli chiesero: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose: «È giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo. In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà. Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!». La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Rispose Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. lo, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me». Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire."

 

Confrontiamoci

Alcune persone accostano i discepoli di Gesù, chiedendo ed esprimendo il desiderio di vedere il Signore. Andrea e Filippo si recano a dirlo a Gesù che risponde a questa richiesta con uno di quegli apparenti paradossi del Vangelo: "Chi perderà la sua vita la guadagnerà, chi vorrà conservarla la perderà". Queste parole vogliono dire ai discepoli che essi possono far vedere agli altri il Signore solo se sono capaci di testimoniarlo con il dono di se stessi, con l'amore che si fa compagnia con il sacrificio e la condivisione della vita degli altri. Questa risposta giunge anche a noi e ci interpella invitandoci ad essere pronti ad offrire la nostra esistenza a Gesù facendolo dimorare nella nostra vita e diventando così segno d'amore per tutti gli altri che incontriamo nella nostra vita quotidiana di laici. Il discepolo del Signore, che è tale perché lo ascolta e lo segue, custodisce nel suo cuore l'esperienza forte della fede nella morte e resurrezione di Gesù, celebra il memoriale della Pasqua e, guidato dallo Spirito, ne diventa testimone: testimone del Risorto. Fare memoria e custodire questa esperienza pasquale non significa ricordare semplicemente quello che Gesù ha detto e ha fatto, ma piuttosto lasciarsi coinvolgere dalla sua continua e consolante presenza e dalla forza dello Spirito, dono del Risorto, per mostrarla agli altri attraverso il proprio impegno d'amore che traluce dalla propria esistenza. Fare memoria significa rinnovare il proprio legame d'amore con il Signore che a sua volta rinnova la sua unione con il discepolo. Per il cristiano adulto custodire l'esperienza del Risorto non significa assolutamente conservare per sé o sotterrare la fede nell'intimità, ma spenderla e regalarla, insieme alla propria vita, agli altri. La vera economia del credente sta nel perdere e non nel conservare e sotterrare. Il verbo "custodire" si deve coniugare ed assimilare al verbo "perdere" e solo così potremo far vedere Gesù agli altri. Spesso nella nostra vita e nella nostra società prevale il principio del conservare inteso come prendere per sé, provvedere a sé, usare per sé; questo è il modo di operare del servo della parabola dei talenti che conserva sotterrando il dono ricevuto e non facendolo fruttificare. Anche nella nostra vita spirituale siamo a volte tentati dal vivere una fede intimistica che pensa alla salvezza della propria anima, a preservare se stessi dal mondo che ci circonda, visto come ostile, e a chiuderci in un atteggiamento di difesa di fronte ad esso. Il Signore ci invita invece a perderci! Perderci per causa sua e per il Vangelo, amando gli altri senza misura come Egli stesso ha fatto. Perdere ha un duplice significato: o sprecare la propria vita dietro a false illusioni e alla ricerca della soddisfazione di se stessi o donare amando gli altri senza misura come il Signore ha fatto. Conservare, allora, non è nascondere, ma piuttosto innestare la propria vita in quella di Cristo facendo morire tutto ciò che c'è in noi di egoistico, facendoci prendere coscienza e portandoci ad essere testimoni della speranza pasquale. Essere laici adulti di AC significa guardare al mondo con gli occhi di Cristo assumendone le gioie e le speranze, i dolori o le angosce vivendo da persone che vogliono portare a questo nostro tempo il seme della speranza, spendendosi per gli altri e non risparmiandosi per la causa del Vangelo.

 

Meditiamo e preghiamo

Lc 2,19.51: "Maria serbava tutte queste cose nel suo cuore".

[19] Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.

[51] (Gesù) Partì dunque con loro e tornò a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore.

 

Ef 3,14-19: "Comprendere l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità".

[14] Per questo, dico, io piego le ginocchia davanti al Padre, [15] dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome, [16] perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell'uomo interiore. [17] Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, [18] siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità, [19] e conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.

 

CONCILIO VATICANO II: Gaudium et Spes, n. 22 Cristo, l'uomo nuovo

In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo.

Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro (Rm 5,14) e cioè di Cristo Signore.

Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione.

Nessuna meraviglia, quindi, che tutte le verità su esposte in lui trovino la loro sorgente e tocchino il loro vertice. Egli è «l'immagine dell'invisibile Iddio» (Col 1,15) è l'uomo perfetto che ha restituito ai figli di Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato.

Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime.

Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo.

Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con intelligenza d'uomo, ha agito con volontà d'uomo ha amato con cuore d'uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché il peccato. Agnello innocente, col suo sangue sparso liberamente ci ha meritato la vita; in lui Dio ci ha riconciliati con se stesso e tra noi e ci ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del peccato; così che ognuno di noi può dire con l'Apostolo: il Figlio di Dio « mi ha amato e ha sacrificato se stesso per me» (Gal 2,20). Soffrendo per noi non ci ha dato semplicemente l'esempio perché seguiamo le sue orme ma ci ha anche aperta la strada: se la seguiamo, la vita e la morte vengono santificate e acquistano nuovo significato.

Il cristiano poi, reso conforme all'immagine del Figlio che è il primogenito tra molti fratelli riceve «le primizie dello Spirito» (Rm 8,23) per cui diventa capace di adempiere la legge nuova dell'amore.

In virtù di questo Spirito, che è il «pegno della eredità» (Ef 1,14), tutto l'uomo viene interiormente rinnovato, nell'attesa della «redenzione del corpo» (Rm 8,23): «Se in voi dimora lo Spirito di colui che risuscitò Gesù da morte, egli che ha risuscitato Gesù Cristo da morte darà vita anche ai vostri corpi mortali, mediante il suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,11).

Il cristiano certamente è assillato dalla necessità e dal dovere di combattere contro il male attraverso molte tribolazioni, e di subire la morte; ma, associato al mistero pasquale, diventando conforme al Cristo nella morte, così anche andrà incontro alla risurrezione fortificato dalla speranza.

E ciò vale non solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale.

Tale e così grande è il mistero dell'uomo, questo mistero che la Rivelazione cristiana fa brillare agli occhi dei credenti. Per Cristo e in Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte, che al di fuori del suo Vangelo ci opprime. Con la sua morte egli ha distrutto la morte, con la sua risurrezione ci ha fatto dono della vita, perché anche noi, diventando figli col Figlio, possiamo pregare esclamando nello Spirito: Abba, Padre!.

 

CONCILIO VATICANO II: Gaudium et Spes, n. 27 Rispetto della persona umana

Scendendo a conseguenze pratiche di maggiore urgenza, il Concilio inculca il rispetto verso l'uomo: ciascuno consideri il prossimo, nessuno eccettuato, come un altro «se stesso», tenendo conto della sua esistenza e dei mezzi necessari per viverla degnamente, per non imitare quel ricco che non ebbe nessuna cura del povero Lazzaro. Soprattutto oggi urge l'obbligo che diventiamo prossimi di ogni uomo e rendiamo servizio con i fatti a colui che ci passa accanto: vecchio abbandonato da tutti, o lavoratore straniero ingiustamente disprezzato, o esiliato, o fanciullo nato da un'unione illegittima, che patisce immeritatamente per un peccato da lui non commesso, o affamato che richiama la nostra coscienza, rievocando la voce del Signore: «Quanto avete fatto ad uno di questi minimi miei fratelli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40). Inoltre tutto ciò che è contro la vita stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l'aborto, l'eutanasia e lo stesso suicidio volontario; tutto ciò che viola l'integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, le costrizioni psicologiche; tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro, con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili: tutte queste cose, e altre simili, sono certamente vergognose. Mentre guastano la civiltà umana, disonorano coloro che così si comportano più ancora che quelli che le subiscono e ledono grandemente l'onore del Creatore

 

CONCILIO VATICANO II: Gaudium et Spes, n. 44 L'aiuto che la Chiesa riceve dal mondo contemporaneo

Come è importante per il mondo che esso riconosca la Chiesa quale realtà sociale della storia e suo fermento, così pure la Chiesa non ignora quanto essa abbia ricevuto dalla storia e dall'evoluzione del genere umano. L'esperienza dei secoli passati, il progresso della scienza, i tesori nascosti nelle varie forme di cultura umana, attraverso cui si svela più appieno la natura stessa dell'uomo e si aprono nuove vie verso la verità, tutto ciò è di vantaggio anche per la Chiesa.

Essa, infatti, fin dagli inizi della sua storia, imparò ad esprimere il messaggio di Cristo ricorrendo ai concetti e alle lingue dei diversi popoli; inoltre si sforzò di illustrarlo con la sapienza dei filosofi: e ciò allo scopo di adattare il Vangelo, nei limiti convenienti, sia alla comprensione di tutti, sia alle esigenze dei sapienti. E tale adattamento della predicazione della parola rivelata deve rimanere la legge di ogni evangelizzazione. Così, infatti, viene sollecitata in ogni popolo la capacità di esprimere secondo il modo proprio il messaggio di Cristo, e al tempo stesso viene promosso uno scambio vitale tra la Chiesa e le diverse culture dei popoli. Allo scopo di accrescere tale scambio, oggi soprattutto, che i cambiamenti sono così rapidi e tanto vari i modi di pensare, la Chiesa ha bisogno particolare dell'apporto di coloro che, vivendo nel mondo, ne conoscono le diverse istituzioni e discipline e ne capiscono la mentalità, si tratti di credenti o di non credenti.

È dovere di tutto il popolo di Dio, soprattutto dei pastori e dei teologi, con l'aiuto dello Spirito Santo, ascoltare attentamente, discernere e interpretare i vari linguaggi del nostro tempo, e saperli giudicare alla luce della parola di Dio, perché la verità rivelata sia capita sempre più a fondo, sia meglio compresa e possa venir presentata in forma più adatta.

La Chiesa, avendo una struttura sociale visibile, che è appunto segno della sua unità in Cristo, può essere arricchita, e lo è effettivamente, dallo sviluppo della vita sociale umana non perché manchi qualcosa nella costituzione datale da Cristo, ma per conoscere questa più profondamente, per meglio esprimerla e per adattarla con più successo ai nostri tempi.

Essa sente con gratitudine di ricevere, nella sua comunità non meno che nei suoi figli singoli, vari aiuti dagli uomini di qualsiasi grado e condizione.

Chiunque promuove la comunità umana nell'ordine della famiglia, della cultura, della vita economica e sociale, come pure della politica, sia nazionale che internazionale, porta anche non poco aiuto, secondo il disegno di Dio, alla comunità della Chiesa, nella misura in cui questa dipende da fattori esterni.

Anzi, la Chiesa confessa che molto giovamento le è venuto e le può venire perfino dall'opposizione di quanti la avversano o la perseguitano.

 

Preghiera

"Dammi, Signore, un cuore che ti pensi, un'anima che ti contempli, un intelletto che ti intenda, una ragione che sempre aderisca fortemente a te, dolcissimo, e sapientemente, o Amore sapiente, ti ami. O Vita per cui vivono tutte le cose, Vita che mi doni la vita, Vita che sei la mia vita, Vita per la quale vivo, senza la quale muoio; Vita per la quale sono risuscitato, senza la quale sono perduto, Vita per la quale godo, senza la quale sono tormentato; Vita vitale, dolce e amabile, Vita indimenticabile." (S. Agostino).

 

In famiglia

Tramandare la fede

Guardando con attenzione alla famiglia odierna non può sfuggirci che, se per un verso essa costituisce ancora un importante punto di riferimento per giovani ed adulti, per un altro attraversa una situazione di notevole fragilità e spesso crolla sotto il peso di pesanti problemi che la travolgono. Le difficoltà nelle relazioni interpersonali dei coniugi. La sfiducia nella stabilità di un patto d'amore, la difficoltà di educare i figli verso i quali a volte si è incapaci di svolgere un ruolo autorevole di guida. Le situazioni di solitudine in cui ci si può venire a trovare con gli anni, gli anziani da accudire, le problematiche economiche, lavorative e sociali dalle quali la famiglia è assillata, ci mostrano una famiglia sofferente e spesso priva di speranza. Possiamo noi cristiani, a partire dalla nostra esperienza di vita familiare, essere lieto annuncio, buona notizia per le altre famiglie in questo inizio di terzo millennio?
La risposta è affermativa nella misura in cui saremo capaci di testimoniare quel dono del Signore che abbiamo ricevuto e che custodiamo nella nostra famiglia. Custodire un dono significa dapprima essere grati a Dio di averlo ricevuto, ma anche averne cura impegnandoci quotidianamente a viverlo e a comunicarlo. Questo dono è l'amore, che non è una parola romantica e sentimentale, ma è la fatica e il sacrificio di volere il bene dell'altro. La capacità di farsi dono come Gesù ha fatto. Uno dei compiti più urgenti nel contesto culturale contemporaneo è anche quello di custodire e tramandare la fede. Sappiamo bene infatti che La prima evangelizzazione, fatta di attenzioni e di gesti, di preghiere recitate a tavola o prima di andare a letto, è oggi un passaggio essenziale che non può più essere dato per scontato. Custodire la memoria dell'amore di Dio per l'uomo, raccontando le sue meraviglie o abituando alla lettura dei segni della presenza attuale di Dio nella storia, è impegno che la famiglia non può eludere e per il quale appaiono particolarmente indicati i nonni. Come dice il salmista: "Una generazione narra all'altra le tue opere, annunzia le tue meraviglie. Proclamano lo splendore della tua gloria e raccontano i tuoi prodigi. Dicono la stupenda tua potenza e parlano della tua grandezza" (144,4-6). Per questo la famiglia è chiamata "piccola chiesa", perché in essa si riproducono le stesse dinamiche della comunità ecclesiale, l'evangelizzazione, la celebrazione, la carità.
Ed oggi c'è più che mai bisogno di famiglie che annuncino le meraviglie dell'amore di Dio. Le relazioni umane ai nostri giorni sembrano infatti segnate dalla logica della pura convenienza. La gratuità del dono sembra sostituita dalla logica dello scambio strumentale, in cui chi da qualcosa lo fa per riceverne un vantaggioso contraccambio e chi non ce la fa a resistere al ritmo della crescente agitazione viene stritolato dal sistema in nome dell'efficienza ad ogni costo. Il raccontarsi per condividere tra le generazioni le diverse esperienze della vita è sostituito da comunicazioni e messaggi brevi che poco comunicano in termini di desideri e bisogni, speranze e difficoltà.
L'Azione Cattolica offre alla famiglia nelle sue varie espressioni un servizio formativo attraverso itinerari che permettono di crescere nella fede, nell'ascolto della Parola di Dio e nel confronto delle domande della vita; offre itinerari di spiritualità e di preghiera per tutte le età, coinvolgendola nella vita della comunità ecclesiale, per assumere consapevolezza del ministero coniugale e per educare a discernere nelle scelte della vita quotidiana. Nella grande famiglia associativa dell'AC la famiglia può trovare una cura e coltivazione di sé maturando un'identità cristiana da spendere nel mondo. Se custodire è perdersi per la causa di Cristo e del Vangelo, non resta che testimoniare la speranza di una famiglia diversa, di legami familiari che risorgono anche attraversando la morte, sapendo che questa non ha l'ultima parola.
La famiglia è stata per noi luogo della memoria dell'amore di Dio per l'uomo?
Oggi l'esperienza dì vita familiare che stiamo vivendo che cosa custodisce? Quali problemi incontra nell'annuncio delle meraviglie dell'amore di Dio?
 

In comunità

Aprire i confini

Come declinare da laici il verbo custodire in comunità? E sì, perché dei tre ambiti di approfondimento, questo della comunità sembra quello meno suscettibile di applicazione alla vita dei laici. "Custodisci il deposito", raccomanda Paolo a Timoteo; e da allora in avanti, mantenere intatto il messaggio evangelico ha costituito compito e mandato specifico dei vescovi e dei sacerdoti. Sembra perciò difficile cogliere lo specifico laicale, e quindi associativo, del custodire ecclesiale. Qualcosa nel discorso però non torna. Perché, se è la Chiesa tutta chiamata ad essere "in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" - come dice la Lumen Gentium al n. 1 - è chiaro che i laici non possono non essere anch'essi coinvolti in questo compito. Quale può essere pertanto il loro contributo? Per trovare una risposta è necessario far risuonare in tutta la sua pienezza la dinamicità del Vangelo. Come si dice nella scheda, fare custodia rivela il suo pieno significato solo quando si è disposti a mettersi in gioco ed osare perdersi. Del resto, ci ricorda il Signore nella parabola dei talenti", custodisce veramente chi fa fruttificare quanto ha ricevuto, e non già chi lo sottrae alla vista ed al commercio con gli altri. Mettere al sicuro in cassaforte il deposito toglie dall'imbarazzo e dalla fatica della custodia, ma impedisce anche che il dinamismo contagioso della Buona Novella si diffonda. Si evidenzia qui allora una essenziale dimensione della custodia comunitaria, che i laici, e tra essi in particolare gli aderenti all'ACI sono chiamati a tenere desta. Custodire il messaggio ricevuto significa oggi, in particolare, nel contesto della società pluralista contemporanea, aprire i confini che molto spesso le comunità ecclesiali tendono a costruire a difesa di sé. In un mondo problematico ed anche, per alcuni versi, estraneo ai valori fondanti del Cristianesimo, nelle parrocchie si fa sentire talora la tentazione di prestare cura ed attenzione alle esigenze interne delle comunità stesse, agitando queste esigenze quasi come schermo che ostacola la visione di chi non è riuscito, magari per sua debole ed insicura volontà, ad entrare. E così la vita parrocchiale va avanti con efficienza, ma la missionarietà dei cristiani langue. E la Chiesa non riesce ad essere significativa per la vita delle donne e degli uomini nostri contemporanei. E i cosiddetti lontani non trovano ambienti caldi, accoglienti. "Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché cosi voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci" (Mt 23,13).

Non dovremmo noi laici di AC stimolare le nostre comunità ad aprirsi, a far posto a chi non ha posto, a rinunciare alle consumate certezze per accogliere le esigenze di chi ci chiede un segno della presenza di Dio?

Non dovremmo essere capaci di percorrere sentieri non battuti da altri, condividere con tutti gli affaticati e gli oppressi dalla vita la forza rinnovatrice del Vangelo?

Non è questo la custodia della Parola di Dio che oggi ci viene chiesta?

Oppure ci basta suonarcela e cantarcela tra pochi intimi?

"Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!»" (15 6,8).

Forse per dare bellezza al volto missionario delle nostre parrocchie in un mondo che cambia, come titola il documento della CEI del 2004 dedicato al rinnovamento pastorale in senso missionario delle comunità parrocchiali italiane, occorre veramente che qualcuno si spenda per esse, dimenticando ogni calcolo in termini di convenienza, disposto solamente a mettersi in gioco per fare della parrocchia una scuola ed un ambiente di comunione vissuta.

Custodire e donare, custodire per donare: non è realmente possibile scindere le due cose per un cristiano adulto nella fede ed innamorato di Cristo e della sua Chiesa.

 

In società

La cultura della legalità

"Dov'è Abele tuo fratello? Egli rispose: Non lo so. Sono forse il custode di mio fratello?" (Gen 4,9).

La domanda che il Signore rivolge a Caino e la successiva risposta di quest'ultimo chiamano in causa noi laici cristiani che spesso siamo disattenti o peggio indifferenti ai bisogni e alle domande di vita dei fratelli. Il laico cristiano testimonia il Vangelo della speranza impegnandosi per la liberazione integrale di ogni persona. Infatti il Vangelo è annuncio di liberazione dell'uomo dal peccato, ma anche dalle sue conseguenze nella vita quotidiana. La liberazione cristiana mira ad eliminare le strutture di peccato, l'oppressione, l'ingiustizia, la violenza, la morte riportando ogni persona alla sua dignità, quella dell'immagine e somiglianza di Dio. Siamo custodi dei nostri fratelli quando nella società difendiamo i diritti di ciascuno: il diritto alla vita, alla libertà, da quella religiosa a quella politica, il diritto al lavoro, all'istruzione, alla casa, il diritto alla pace, ad una giustizia giusta, il diritto a tutto ciò che edifica la persona umana. Di fronte a situazioni quotidiane di ingiustizia è richiesto al laico cristiano un supplemento d'amore e di coraggio per diffondere la cultura della legalità, per educare al rispetto e all'onestà. Se operiamo in questa direzione facciamo politica, cioè siamo partecipi alla vita della città e coinvolti nella costruzione e nella custodia del bene comune, che è di ciascuno e di tutti. La nostra associazione può diventare un luogo di partecipazione e di coinvolgimento delle persone, un luogo di formazione cristiana delle coscienze, un laboratorio culturale per educare al discernimento. È importante in questo periodo puntare l'attenzione su due questioni importanti della nostra società: la democrazia e la Costituzione.

È necessario riflettere e custodire il valore della democrazia che , spesso può trasformarsi in un contenitore vuoto privo di valori, in qualcosa di formale affidato a poteri sempre più forti che chiedono sempre più deleghe ai cittadini. Custodire la democrazia significa adoperarsi perché essa sia "compiuta" cioè sostanziale, non solo rappresentativa, ma partecipativa. "La Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno. Essa, pertanto non può favorire la formazione di gruppi dirigenti ristretti, i quali per interessi particolari o per fini ideologici usurpano il potere dello stato" (Centesimus Annus 46).

Dobbiamo provare una certa inquietudine riguardo ai cambiamenti in approvazione della Carta costituzionale del nostro paese che è stata frutto di un processo condiviso e faticosamente raggiunto dai nostri padri dopo l'esperienza della guerra. Ogni cambiamento della costituzione che non sia frutto di una condivisione delle varie parti politiche e sociali del paese, ma affermazioni di una parte sull'altra, diventa segno di decadimento del vero spirito democratico. Dice Paola Bignardi: "Vorrei che come Azione Cattolica riuscissimo a farci promotori di una fase in cui i cattolici si impegnino a promuovere una nuova cultura costituzionale ... come responsabilità verso un patto che sia condiviso, che sia frutto di dialogo, di confronto e soprattutto di paziente e intelligente ricerca di quello che unisce e costituisce la forza del paese" (XII Assemblea, 25 aprile 2005).

Come viviamo la "custodia" del fratello?

Come nella quotidianità abbiamo già occasioni di tutela di uno stile democratico?

Il gruppo adulti può realizzare alcune iniziative di sensibilizzazione sul tema della Costituzione, della sua rilevanza per la convivenza nello stesso Stato, del significato dei possibili cambiamenti che la investono (cfr. AC Settore Adulti, Fogli di cultura popolare e relazione dei Vice presidenti al Convegno nazionale adulti, 12-14 novembre 2004). È questo un modo per avviare in parrocchia o in gruppi di parrocchie (foranie) il progetto "Sul sentiero di Isaia" con particolare attenzione alla formazione di cittadini responsabili (cfr. AC, A misura di parrocchia. Idee pensieri e progetti per fare nuova l'AC, AVE, Roma 2004, pp. 28-30).

 

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