Scheda 5

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INCONTRARE
La Chiesa è convocata per essere per il mondo... "fino agli estremi confini della terra"
 

DALLA VITA ALLA PAROLA
INTERROGHIAMOCI

o Guardare senza vedere... Ci capita di non incontrare il volto dell'altro? Come viviamo l'incontro?
o La Chiesa nel mondo: muro di difesa o ponte di incontro?
o Dialoghiamo con ogni persona senza pregiudizio e senza paura di perdere la nostra identità?
o Nella nostra famiglia, siamo più disposti all'incontro o allo scontro?
o Come ci lasciamo interpellare dalle persone nei luoghi della vita quotidiana?

IN ASCOLTO DELLA PAROLA
L'incontro con il Crocifisso Risorto - allora come oggi - avviene sedendo a mensa con Lui e ascoltando l'annuncio del regno di Dio nella spiegazione delle Scritture. I discepoli di sempre - per la forza dello Spirito Santo - si sentono coinvolti nella straordinaria esperienza della Pasqua di Gesù e ne diventano testimoni senza pregiudizi, paure o preclusioni.

Dagli Atti degli Apostoli:
Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre «quella», disse, «che voi avete udito da me: Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni». Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: «Signore, è questo il tempo in cui rìcostituirai il regno di Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su dì voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra». Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n'andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo» (Atti 1,3-8).

CONFRONTIAMOCI
Le apparizioni del Risorto e il dono dello Spirito Santo conducono i discepoli a una comprensione più profonda del mistero di Cristo e della loro straordinaria esperienza di incontro con il Signore e, nello stesso tempo, li rendono forti nella fede e coraggiosi nella testimonianza.
Lo Spirito del Signore li fa uscire dal cenacolo, sconfigge la paura del mondo esterno, li spinge a incontrare la gente e ad annunciare il Vangelo. La Chiesa è nata dal dinamismo dell'amore trinitario, dal desiderio di Dio di farsi incontro agli uomini perché gli uomini si incontrino nel suo progetto d'amore. Tutta la vita di Gesù è stata storia di incontri con persone che hanno dialogato con Lui e hanno dato una svolta alla loro esistenza. L'incontro fondamentale con Cristo e il dono del suo Spirito cambiano la vita e cambiano i rapporti fra le persone. La Chiesa nella sua essenza è incontro, comunione d'amore che proviene da Dio e unisce gli uomini a Lui e fra di loro. Il Concilio Vaticano II descrive la Chiesa come "sacramento o segno e strumento dell'intima unione fra Dio e gli uomini e degli uomini fra loro"(Cfr. LG1).
San Giovanni esprime bene il senso della Chiesa con queste parole: "Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita... quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi"(1Gv l,l-14). Pertanto la Chiesa è comunità che va incontro agli uomini sulle strade del mondo per continuare l'opera di Cristo e per radunare la grande famiglia del Signore. Siamo Chiesa cattolica non per costruire barriere, ma per abbatterle, non per scontrarci col mondo, ma per dialogare e dare la vita per il mondo. L'aggettivo "cattolico" indica universalità e, in quanto tale, la Chiesa è il popolo che comprende tutte le età e le condizioni di vita, tutte le culture e le etnie, un popolo che si estende a tutto il mondo e a tutti i secoli e che si riconosce nell'appartenenza all'unico Padre e Signore. Nella comunità ecclesiale non c'è spazio per esclusivismo, razzismo, elitarismo e per quanto altro separa e divide gli uomini. La Chiesa è nata per essere estroversa, per condividere gioie e dolori, tristezze e speranze, attese e angosce della gente, per avere a cuore il destino del mondo. Spesso Chiesa e mondo sono stati visti come realtà contrapposte, ma la comunità cristiana esiste nel mondo e per la vita del mondo, come vuole Gesù Cristo.
È pur vero che la Chiesa non si conforma alla mentalità del mondo e per questo accade che i cristiani, quando svolgono il compito profetico di annunciare il Vangelo e i valori che da esso discendono, diventano alternativi ad altre visioni del mondo e della vita. L'annuncio del Vangelo porta a essere segno di contraddizione, può provocare fastidio e disturbo perché contrasta il male e il relativismo diffuso, può costare al testimone l'emarginazione e il rischio della perdita della vita.
L'incontro può trasformarsi, a volte, in scontro, ma la comunità cristiana si scontra con il male e si incontra invece con gli uomini per liberarli dal male. L'atteggiamento della Chiesa non è di condanna degli uomini, ma di dialogo con essi per sconfiggere il peccato e innescare un processo di liberazione. La Chiesa non è una cittadella arroccata in posizione di difesa di fronte ai pericoli del mondo, né deve farsi vincere dalla tentazione di conquista per imporre il suo messaggio.
L'incontro è fatto di accoglienza, di dialogo, di ascolto, di attenzione, di denuncia, di condanna, di correzione, di perdono. La Chiesa diventa "incontro" quando assume la causa dei più indifesi e dei più poveri, quando accoglie le diversità, quando difende i diritti di ciascuno, quando sa coniugare giustizia con carità, quando annuncia il perdono e la riconciliazione. La Chiesa universale sparsa nel mondo acquista una particolare dimensione storica e umana, quando si incarna in un determinato territorio e si incontra concretamente con le persone: si costituisce in tal modo in Chiesa particolare, nella quale "è presente e opera la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica" (CD n. 11). Alla luce di tutto ciò, i discepoli di Cristo non possono restare con lo sguardo rivolto al cielo, come riferito nel brano degli Atti su riportato, ma con il cuore di Cristo vanno verso ogni sorella e ogni fratello, per farsi tutto a tutti.

La verità vi farà liberi, Catechismo degli Adulti
"La Chiesa è una e universale. Tutti i cristiani, per quanto diversi tra loro, diventano "uno in Cristo Gesù" (Gal 3,28) in virtù dello Spirito Santo. Questa moltitudine unificata è immagine visibile della Santa Trinità e costituisce una potente forza di pace tra le nazioni della terra e un segno efficace del disegno divino di riconciliare tutte le cose in Cristo" (n. 454). Cfr. anche nn. 450- 455.

Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica
"Chi appartiene alla Chiesa cattolica?
Tutti gli uomini in vario modo appartengono o sono ordinati alla cattolica unità del popolo di Dio. È pienamente incorporato alla Chiesa cattolica chi, avendo lo Spirito di Cristo, è unito ad essa dai vincoli della professione di fede, dei sacramenti, del governo ecclesiastico e della comunione. I battezzati, che non realizzano pienamente tale cattolica unità, sono in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica" (n. 168). Cfr. anche nn. 166-167

Documenti conciliari
"La forza che la Chiesa riesce a immettere nella società umana contemporanea consiste in quella fede e carità effettivamente vissute, e non in una qualche sovranità esteriore esercitata con mezzi puramente umani. Inoltre, siccome in forza della sua missione e della sua natura non è legata ad alcuna particolare forma di cultura umana o sistema politico, economico, o sociale, la Chiesa per questa sua universalità può costituire un legame strettissimo tra le diverse comunità umane e nazioni, purché queste abbiano fiducia in lei e le riconoscano di fatto una vera libertà per il compimento della sua missione. Per questo motivo la Chiesa esorta i suoi figli, come pure tutti gli uomini, a superare, in questo spirito di famiglia proprio dei figli di Dio, ogni dissenso tra nazioni e razze, e a consolidare interiormente le legittime associazioni umane. Il Concilio, dunque, considera con grande rispetto tutto ciò che di vero, di buono e di giusto si trova nelle istituzioni, pur così diverse, che la umanità si è creata e continua a crearsi. Dichiara inoltre che la Chiesa vuole aiutare e promuovere tutte queste istituzioni, per quanto ciò dipende da Lei ed è compatibile con La sua missione. Niente le sta più a cuore che di servire al bene di tutti e di potersi liberamente sviluppare sotto qualsiasi regime che rispetti i diritti fondamentali della persona e della famiglia e riconosca le esigenze del bene comune (Gaudium et Spes n. 42). Cfr. anche G5 78 e LG 13.

DALLA PAROLA ALLA VITA
LITURGIA

Congedo finale
"Andate! La messa è finita!" Sembra spesso solo un invito a sciogliere le righe, una liberazione. Finalmente! E via di fretta verso l'aria. Ma è questo il significato? La formula della liturgia Latina recita: "Ite, missa est"; letteralmente dovremmo tradurla così: andate, è stata mandata.
La frase è incompleta. Chi o cosa, infatti, è stata mandata? E dove? E se ad essere inviata fosse la comunità celebrante che si è appena nutrita della parola e del pane di vita? E se essa fosse inviata a testimoniare alle persone che verranno incontrate negli ambienti quotidiani di vita, come il luogo di lavoro, il supermercato, la discoteca o lo stadio, la piazza (senza dimenticare ovviamente la famiglia e la stessa comunità ecclesiale) La gioia e la novità di vita, che vengono dall'incontro con il Risorto?
Riattraversiamo allora, verso l'esterno, la stessa soglia superata al momento dell'ingresso. È cambiata però la direzione del percorso. Adesso siamo invitati a tornare alle nostre occupazioni quotidiane, carichi dei benefici del banchetto eucaristico e consapevoli che i doni ricevuti, doni di pace e di gioia, non possiamo tenerceli stretti per noi. Sono un bene per il mondo intero. Affidato a ciascuno di noi.

DI-SEGNI DI SPERANZA
IN FAMIGLIA
A porte aperte

L'esperienza famigliare è fatta di incontro tra diverse generazioni che si aiutano vicendevolmente a raggiungere una comunione e una migliore qualità della vita. Questo a volte manca nelle nostre esperienze famigliari perché non ci sono incontri ma scontri, non c'è stabilità di rapporti ma fragilità, non c'è dialogo e ascolto ma indifferenza e convivenza come da separati in casa. Come tante situazioni di cronache ci presentano, nella famiglia spesso attecchisce la violenza e la sopraffazione. Le diverse esperienze di vita famigliare e le attuali famiglie cristiane, allora, devono sentirsi coinvolte in un'opera educativa al loro interno e all'esterno per spingere a uscire da una visione individualistica ed emotiva dei rapporti famigliari! In una famiglia c'è circolarità di amore, azione educativa vicendevole: i figli anche loro possono contribuire a migliorare i genitori e a farli rivedere negli orientamenti e nella coerenza di vita. È una cosa bella che i figli discutano con i genitori delle questioni famigliari, che siano resi partecipi delle problematiche economiche della famiglia e che prendano parte alle decisioni. La testimonianza della fede come l'educazione alla vita devono essere costruite secondo un'ottica intergenerazionale. "La famiglia, come la Chiesa, deve essere uno spazio in cui il Vangelo è trasmesso e da cui il Vangelo si irradia. I genitori non soltanto comunicano ai figli il Vangelo, ma possono ricevere da Loro lo stesso Vangelo profondamente vissuto. E una simile famiglia diventa evangelizzatrice di molte altre famiglie e dell'ambiente nel quale è inserita"(EN 71).
L'esperienza famigliare non si esaurisce nell'incontro tra i suoi componenti, ma si apre al mondo. Le nostre case non dovrebbero avere porte, non dovrebbero essere chiuse alle difficoltà e alle necessità altrui. Concretamente questo si traduce, ad esempio, in accompagnamento di coppie in crisi per sostenerle e aiutarle; nell'accoglienza di famiglie povere sia materialmente, sia spiritualmente; nel coraggio di prendere in adozione o in affido bambini abbandonati; nell'incontrare altre famiglie per coltivare relazioni benefiche, nell'accogliere o nel dare aiuto a persone vicine non autosufficienti. La psicologia moderna ci fa riflette sul fatto che oggi tante situazioni di vuoto affettivo e di deficit di salute mentale e di felicità provengono dalla mancanza di relazioni significative, dalla presenza di fragilità famigliari. Oggi prevalgono i rapporti corti ed emotivi, perché si ha paura di investire se stessi in rapporti duraturi e altruistici e si risponde alla necessità di bisogni immediati che soddisfano sul momento. Nonostante un certo pessimismo che circola sull'esperienza famigliare, la comunità cristiana deve scommettere su di essa come comunità che produce beni relazionali, come sorgente di circolarità di relazioni d'amore. Anche se ci sono scontri e difficoltà, noi cristiani crediamo che si possano sempre ricostruire i rapporti, praticando il perdono e confidando nell'amore del Signore.
In particolare l'Azione Cattolica, avendo sempre a cuore la famiglia, si spende per la nascita e la formazione di gruppi famigliari che coltivino l'amore cristiano e si incontrino con le altre famiglie del territorio, anche le più lontane dall'esperienza religiosa, traducendo il progetto Nazareth in percorsi di sostegno, di vicinanza e di compagnia a tutte le famiglie.

IN SOCIETÀ
Un sano pluralismo per il bene comune

Questioni importanti ci interpellano quotidianamente: il valore e la dignità della vita, il valore della famiglia, le situazioni di ingiustizia e di povertà, la guerra, l'immigrazione e La convivenza tra culture e religioni, i grandi problemi dell'esistenza. Su tali questioni dobbiamo incontrarci con la gente, aiutando a formare coscienze cristiane, affinché ciascuno sappia valutare, discernere e agire secondo La fede. Nella nostra società caratterizzata da rapporti corti e fragili, da divisioni e conflitti, dal pericolo di scontri di civiltà e di religioni. La comunità cristiana sente il dovere imprescindibile di tessere rapporti di amicizia, di favorire relazioni fraterne improntate al perdono e alla pace. Le nostre comunità sono cattoliche nella misura in cui diventano case accoglienti, luoghi d'incontro e di valorizzazione di ogni persona; se sentono la continua tensione a "fermentare" il mondo, a spingersi fino agli "estremi confini" della terra, da non considerare soltanto come luoghi sempre Lontani, ma anche vicini alla nostra vita quotidiana.
Come cristiani, siamo chiamati a integrarci e a collaborare con gli altri nel lavoro per rispondere alla chiamata dell'uomo alla vita sociale. A questo proposito, troviamo nel Compendio della Dottrina Sociale che "la persona è costitutivamente un essere sodale, perché così l'ha voluta Dio che l'ha creata. La natura dell'uomo si manifesta, infatti... alla maniera di un essere libero e responsabile, il quale riconosce la necessità di integrarsi e di collaborare coi propri simili ed è capace di comunione con loro nell'ordine della conoscenza e dell'amore". Ma "a causa della superbia e dell'egoismo, l'uomo scopre in se stesso germi di asocialità, di chiusura individualistica e di sopraffazione dell'altro (...) È per amore del proprio e altrui bene che ci si unisce in gruppi stabili, aventi come fine il raggiungimento di un bene comune (...) Il bene comune dipende, infatti, da un sano pluralismo sociale" (Cfr. nn. 149-151).
Proprio per realizzare queste modalità di "pluralismo sociale", la Dottrina Sociale della Chiesa invita a riscoprire anche il ruolo fondamentale del sindacato, a cui "oltre alle funzioni difensive e rivendicative, competono sia una rappresentanza finalizzata a "organizzare nel giusto ordine la vita economica" sia "l'educazione della coscienza sociale dei lavoratori" (Compendio DSC nn. 307 ss). Tale impegno chiede capacità di elaborare nuove forme di solidarietà e un orientamento ad assumere una maggiore responsabilità da parte di tutti i soggetti in gioco.
Questo invito della Dottrina Sociale scaturisce dalla constatazione di difficoltà presenti nei processi partecipativi e di responsabilità. Diverse sono le cause da affrontare. Ne analizziamo alcune. Stare in società, nel mondo del lavoro, rispettando gli avversali, pone in primo luogo il problema di misurarsi con persone che hanno idee diverse, appartengono a progetti e modi di intendere la vita e la società a volte assai diversi e contrastanti con le proprie idee, valori ed esperienze. Ma questa difficoltà, in fondo, è nel conto. Un po' di buon senso e di autocontrollo, di conoscenza dell'incompiutezza di ogni idea umana (compresa la nostra), di consapevolezza dei propri limiti a capire e a elaborare, aiutano ad abbassare il "grado di tensione", specie se si riesce a tener ben presente e a distinguere tra il rispetto per la persona e la critica - anche serrata - alte sue idee e atteggiamenti. Il rispetto è qualcosa di più profondo del "bon ton". Fa bene anzitutto a chi lo esercita, come a chi lo riceve. Ma è un caso tipico in cui il suo valore e la sua applicabilità non dipendono dalla reciprocità (che oggi sovente si cita quando si parla di rapporti, non solo interpersonali).
Incontrare L'altro, però, non sì risolve qui; ci vuole un supplemento a "fare come se...", a salutare con sincerità chi si giudica male, a provare egualmente a mettersi dal suo punto di vista, a considerare se l'altro sta facendo passi diversi (senza chiuderlo in un giudizio definitivo), a provare a valutare se sta egualmente facendo qualcosa di buono, a parlare con schiettezza quando il linguaggio corrente è quello dei "discorsi coperti", delle tattiche complicate (che sovente finiscono per complicare le questioni, ma anche questa è una tecnica), quando l'altro "tira a fare il furbo".
Ci vuole un supplemento "a fare come se...", a vincere l'idea del nemico, senza smarrire il motivo per cui si sta facendo quel lavoro, senza cedere alla tentazione di "farsi comprare" (le occasioni sono molteplici) e senza perdere la lucidità della distinzione dei ruoli e di quanto sta accadendo. Ci vuole un supplemento per pregare per l'altro ed anche per se stessi, per non farsi trascinare via da un meccanismo che diventa totalizzante, che offre il miraggio della carriera e te ne allunga sottobanco qualche assaggio. Ci vuote un supplemento per prendere decisioni e assumersi responsabilità scomode, per non essere compiacenti e neppure intolleranti.
 

IN COMUNITÀ
Essere "ponte" tra gli uomini

Declinare il verbo "incontrare" per i cristiani che si sentono inseriti in una comunità, dovrebbe essere relativamente semplice. La parrocchia, il gruppo, l'Associazione sono luoghi privilegiati di incontro tra persone che portano storie diverse e che stimolano un esercizio di ascolto e di accoglienza dell'altro. Ma questo esercizio si è fatto, negli ultimi tempi, sempre più complesso perché più complesso è diventato il contorno e diversificate le esperienze con cui veniamo in contatto: non solo perché appartenenti a culture diverse, ma anche per una molteplicità di percorsi personali. Proprio questa complessità ci induce a parlare di missionarietà, che significa comunità che rivolgono la loro attenzione non tanto - e non solo - a conservare la fede di chi vi appartiene, ma comunità che annuncino di nuovo il Vangelo, che sostengono la trasmissione della fede tra Le generazioni, che incontrano gli uomini e le donne di oggi, facendo loro sentire che è ancora possibile, bello e giusto vivere una vita conforme al Vangelo e, nel nome del Vangelo, dare il proprio contributo al rinnovamento dell'intera comunità sociale (Cfr. Il Volto missionario della parrocchia, n. 1).
Se c'è una caratteristica che identifica la missionarietà - e la persona che la incarna - è quella del saper incontrare. Andare incontro alle persone nei Loro ambienti che sono intrisi detta vita, degli interessi e anche delle inquietudini e delle domande esistenziali delle perso ne. Andare incontro significa avere simpatia di quello che ci circonda: delle persone, del territorio in cui ci troviamo inseriti, di tutto il mondo, della società, con quella visione delle cose che vuole illuminare la realtà con lo sguardo della fede.
Una comunità - parrocchia o gruppo - che vuole essere missionaria è una comunità ospitale, capace di fare spazio a tutti, anche a chi è o si sente estraneo, o straniero, alla comunità e alla Chiesa. E questa ospitalità può esprimersi in una rete di relazioni che supera il semplice incontro e la semplice conversazione, ma intesse rapporti significativi e stabili.
Questa comunità missionaria si trova a fare i conti con diverse proposte culturali, con le quali è necessario incontrarsi, mettersi in relazione. Un autentico dialogo culturale presuppone alcune attenzioni:
• la consapevolezza della propria identità, che non significa rigidità e autosufficienza, ma sentirsi parte di un cammino di crescita e di maturazione;
• la virtù del discernimento, che rende capaci di distinguere la forma dal contenuto, il bene dal male, l'essenziale dal contingente... una virtù che necessita una continua opera di formazione;
• la capacità di ascolto, di rispetto, di apprezzamento per ciò che l'altro è in se stesso e davanti a Dio;
• la pazienza e insieme la fortezza con le quali perseguire il consenso sui valori essenziali e segnalare gli errori a seconda della loro gravita e del loro opporsi a una reale fraternità;
• il riconoscimento di alcune verità essenziali, pur nella disponibilità a cercare forme migliori che le esprimano e che le sappiano incarnare storicamente (es. il valore della vita, del matrimonio, della famiglia, della democrazia, della dignità della donna...).
Queste attenzioni e note di stile sono oggi ancor più necessaire per contrastare la tendenza strisciante a emarginare la Chiesa dal dibattito pubblico. Ciò accade tutte le volte che si vuole una Chiesa "in silenzio", chiusa nelle sue liturgie, ripiegata nel privato non presente nelle questioni pubbliche. Tutto ciò porterebbe a un tradimento della natura della Chiesa. Un malinteso senso di laicità dello Stato porta a intendere la fede come scelta privata, che non deve incidere nelle scelte di vita di una nazione o di una società, mentre per sua natura la fede trasforma la vita e opera per il cambiamento della società. L'incontro della Chiesa con la gente deve allora essere caratterizzato da un dialogo che sia porta aperta alle ragioni degli altri e mai rinuncia all'identità di se stessi o al tradimento del Vangelo, cercando facili compromessi. Questo comporta per noi cattolici la capacità di andare incontro agli altri, di cercare soluzioni condivisibili con coloro che pensano diversamente, di non rinunciare alla convinta affermazione dei valori evangelici. Non possiamo accettare che la Chiesa venga apprezzata come agenzia sociale che va incontro ai bisogni dell'umanità e che, nello stesso tempo, sia contrastata nella sua opera di evangelizzazione, ritenuta intrusiva e interferente nella vita della società.
I due progetti che l'Azione Cattolica promuove: il progetto "Nicodemo" per una AC missionaria, e il progetto "Dialoghi" per la cultura e la comunicazione in parrocchia, vanno proprio nella direzione di un incontro attivo e proficuo per aiutare l'intera comunità cristiana ad acquisire una laicità dello sguardo, capace di penetrare nelle pieghe più sottili e nascoste del vissuto, mantenendo sempre fisso lo sguardo sul Risorto.
Atteggiamenti, progetti, azioni vanno ricondotte, infine, al centro unificante la comunità:
"Ricordando come Gesù, nell'intimità del dialogo e nello spezzare il pane eucaristico, svelò il suo volto ai due discepoli di Emmaus, indicando l'Eucaristia come sorgente e paradigma della costitutiva unità di fede e di amore della Chiesa, sproniamo tutti i fedeli laici a trovare in quel Mistero la ragione e la forma di una profonda comunione da realizzare quotidianamente e testimoniare al mondo: un'autentica regola di vita; una loro precisa identità; una sola supplica, un solo Spirito, una sola speranza nella carità, nella gioia pura e santa. Tutti riuniti in un solo tempio di Dio, attorno a un solo altare, nell'unico Gesù Cristo" (Lettera ai fedeli Laici II, 10).
 

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