Gruppi Giovani

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PARROCCHIA SACRO CUORE

Rione Pescara - Eboli (SA)

 

 

GRUPPI GIOVANI

RITIRO DI QUARESIMA

Domenica 15 marzo 2009

 

 

CORINTO:

IL SIGNORE INCORAGGIA PAOLO

DI FRONTE ALL’IGNOTO

 

 

PROGRAMMA

 

ore   9.00  Accoglienza - Caffé (Salone comunitario)

ore   9.15  Lodi Mattutine (Auditorium)

ore   9.45  Spunti di Riflessione

ore 10.30  Meditazione personale (Complesso Parrocchiale)

ore 11.30  Santa Messa (Chiesa)

ore 12.30  Ora Sesta ed Adorazione Eucaristica (Cappella)

ore 13.30  Pranzo - Caffé (Salone Comunitario)

ore 14.30  Santo Rosario (Porticato)

ore 15.00  Verifica Comunitaria (Auditorium)

ore 16.30  Celebrazione dei Vespri (Auditorium)

ore 17.00  Conclusione

 

Complesso Parrocchiale Sacro Cuore


 

Atti 18,1-18

 

1Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto. 2Qui trovò un Giudeo di nome Aquila, nativo del Ponto, arrivato poco prima dall'Italia, con la moglie Priscilla, in seguito all'ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei. Paolo si recò da loro 3e, poiché erano del medesimo mestiere, si stabilì in casa loro e lavorava. Di mestiere, infatti, erano fabbricanti di tende. 4Ogni sabato poi discuteva nella sinagoga e cercava di persuadere Giudei e Greci. 5Quando Sila e Timoteo giunsero dalla Macedonia, Paolo cominciò a dedicarsi tutto alla Parola, testimoniando davanti ai Giudei che Gesù è il Cristo. 6Ma, poiché essi si opponevano e lanciavano ingiurie, egli, scuotendosi le vesti, disse: «Il vostro sangue ricada sul vostro capo: io sono innocente. D'ora in poi me ne andrò dai pagani». 7Se ne andò di là ed entrò nella casa di un tale, di nome Tizio Giusto, uno che venerava Dio, la cui abitazione era accanto alla sinagoga. 8Crispo, capo della sinagoga, credette nel Signore insieme a tutta la sua famiglia; e molti dei Corìnzi, ascoltando Paolo, credevano e si facevano battezzare.

9Una notte, in visione, il Signore disse a Paolo: «Non aver paura; continua a parlare e non tacere, 10perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male: in questa città io ho un popolo numeroso». 11Così Paolo si fermò un anno e mezzo, e insegnava fra loro la Parola dì Dio.

12Mentre Gallione era proconsole dell'Acaia, i Giudei insorsero unanimi contro Paolo e lo condussero davanti al tribunale 13dicendo: «Costui persuade la gente a rendere culto a Dio in modo contrario alla Legge». 14Paolo stava per rispondere, ma Gallione disse ai Giudei: «Se si trattasse di un delitto o di un misfatto, io vi ascolterei, o Giudei, come è giusto. 15Ma se sono questioni di parole o di nomi o della vostra Legge, vedetevela voi: io non voglio essere giudice di queste faccende». 16E li fece cacciare dal tribunale. 17Allora tutti afferrarono Sòstene, capo della sinagoga, e lo percossero davanti al tribunale, ma Gallione non si curava affatto di questo. 18Paolo si trattenne ancora diversi giorni, poi prese congedo dai fratelli e s'imbarcò diretto in Siria, in compagnia di Priscilla e Aquila. A Cenere si era rasato il capo a causa di un voto che aveva fatto.

L'esperienza dell'apostolo conosce il momento della delusione e della sofferenza a causa dell'Evangelo.

L'invito del Signore è sempre lo stesso: «Non avere paura, perché io sono con te!»

 


 

CORINTO:

il Signore incoraggia Paolo

di fronte all'ignoto

 

  

Paolo giunge a Corinto provenendo da Atene.

Qui é raggiunto da Timoteo e Sila e con loro si dedica all'evangelizzazione per più di un anno e mezzo.

L'importanza della Chiesa, fondata a Corinto, appare anche dalle lettere che l'apostolo scrive ai suoi fedeli.

Attraverso questi scritti possiamo ricostruire la vita ed i problemi di una comunità tanto vivace.

Luca tace i particolari, ma ci descrive un Paolo sfiduciato ed affaticato, che il Signore stesso incoraggia con una visione notturna (cfr. At 18, 9-10), invitandolo a non temere e a continuare la predicazione, perché al di là delle apparenze non mancano frutti copiosi in quella città.

La protezione divina sugli apostoli sembra essere l'esperienza particolare di questa tappa missionaria.

Infine, nel rapporto coi giudei si verifica un fatto nuovo: costoro, che lo avevano cacciato dalle sinagoghe e dalle città, vengono a loro volta cacciati dal tribunale dal proconsole romano.

 

Corinto, città dei due mari, distava appena 68 km da Atene e sorgeva presso l'istmo che univa il Peloponneso al resto della Grecia.

Grazie alla strada che collegava i porti di Lechaion sul Mar Adriatico e di Cenere sull'Egeo, consentendo alle navi di caricare e scaricare le proprie merci senza compiere il pericoloso periplo del Peloponneso, Corinto aveva attratto i traffici commerciali esistenti fra Oriente e Occidente.

Giulio Cesare ne fece una colonia romana (44 a.C.) e capoluogo della provincia senatoriale di Acaia.

La sua popolazione superò i 500.000 abitanti, costituiti da veterani romani, liberti in cerca di fortuna, da mercanti orientali e da una moltitudine di schiavi.

A questa variegata composizione sociale corrispondeva quella etnica, che ne faceva una vera metropoli cosmopolita: greci, fenici, asiatici, ebrei egiziani e romani.

La città era dominata dal santuario sacro ad Afrodite, attorno al quale molte prostitute sacre prestavano servizio, rafforzandone l'antica fama di città lasciva e dai costumi assai liberi.

Nella primavera del 51 d.C. quando Paolo, probabilmente, si trovava a Corinto, si tennero i giochi istmici, i più famosi dopo quelli olimpici.

Questa città, vero crocevia di cultura, commercio e religioni permise al cristianesimo di incontrare una massa enorme di viaggiatori, e a Paolo di comunicare facilmente con le altre Chiese.

Dopo aver evangelizzato per circa 18 mesi, egli scrisse a quei cristiani due importanti lettere.

 

«Si stabilì in casa loro e lavorava»

Arrivando a Corinto, Paolo incontra Aquila e Priscilla, una coppia di coniugi cristiani con i quali sboccerà una grande amicizia, testimoniata dalle lettere (cfr. 1Cor 16,19; Rm 16, 3; 2Tm 4,19).

Aquila era un ebreo del Ponto, regione della Turchia nordorientale sul Mar Nero, di antica colonizzazione greca, mentre Priscilla era probabilmente di origine romana.

Essi erano giunti a Corinto, in seguito all'espulsione dei giudei da Roma ordinata dall'imperatore Claudio. L'evento è datato nel 49 d.C.

Presso di loro Paolo dimora e lavora (cfr. At 18, 1-3), fabbricando tende col tessuto di peli di capra o di cuoio.

Per l'apostolo mantenersi col proprio lavoro è un vanto che risponde ad una precisa scelta pastorale.

Egli vuole in tal modo dimostrare la gratuità e il disinteresse nella predicazione, quale segno distintivo del vero apostolo, come ricorderà polemicamente ai fedeli di Corinto (cfr. 1Cor 4,12; 9,6).

 

«Testimoniando... che Gesù è il Cristo»

Anche a Corinto la predicazione di Paolo inizia nella sinagoga il giorno di sabato.

Quest’attività missionaria occupa parzialmente Paolo fino all'arrivo di Sila e Timoteo dalla Macedonia, recanti offerte raccolte da quelle comunità cristiane e notizie confortanti sul loro coraggio di fronte alla tribolazione (cfr. 1Ts 3,6-7).

Da quel momento, la predicazione riprende a tempo pieno e con maggiore vigore.

Paolo cercava di persuadere Giudei e Greci, affermando che Gesù era il Cristo (cfr. At 18, 4-5).

Paolo stesso ci informa delle difficoltà del suo annuncio, quando ai fedeli di Corinto scrive: «Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio» (1Cor 1,22-24).

E poco dopo aggiunge: «Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso» (1Cor 2,2).

Dunque, Paolo cerca di persuadere, ma viene contestato.

I suoi ascoltatori ebrei obiettano che un crocifisso è un maledetto da Dio, perciò non può essere il Messia.

Inoltre, proclamare «Messia» un crocifisso sarebbe un insulto alla potenza di Dio, che ha liberato i padri dalla schiavitù d'Egitto, manifestandosi come Salvatore mediante grandi segni e prodigi.

Poiché il Messia era atteso per liberare tutti i figli d'Israele, Gesù sconfitto non può che essere un falso inviato.

Lo scandalo del crocifisso è per loro davvero insuperabile!

Per questo i Giudei si oppongono e lanciano ingiurie.

L'opposizione di cui parla Luca è quella costituita da un fronte organizzato di resistenza.

Paolo è costretto a lasciare la sinagoga e lo fa con un gesto che richiama quello di Ezechiele (cfr. Ez 33,1-9), dove il profeta è descritto come una sentinella che deve annunciare il pericolo ai figli del suo popolo.

Se lo farà, il giudizio ricadrà su di loro, altrimenti il profeta sarà giudicato colpevole della loro morte, come l'accenno al «sangue» dimostra.

 

«Se ne andò di là»

Con quel gesto drammatico, Paolo annuncia l'intenzione di rivolgersi ai numerosi pagani e prendere dimora presso Tizio Giusto, un romano timorato di Dio che viveva non lontano dalla sinagoga.

Se lo spostamento dal punto di vista fisico è insignificante, in termini teologici è enorme: la proclamazione della Parola e lo spezzare il pane si faranno nella casa di un pagano convertito.

Si ripropone qui la scelta di Filippi, dove la casa di Lidia divenne la Chiesa domestica.

Il popolo eletto, che rifiuta l'annuncio del Messia lungamente atteso, rinnova in Paolo un grande dolore e gli fa sperimentare sulla propria carne e nella propria vita la croce di Cristo che va annunciando a tutti.

È la sofferenza e l'amarezza di chi non si rassegna a vedere rifiutato e non accolto, il mistero d'amore rivelatoci da Gesù.

Ma è anche la sofferenza di edificare una comunità che verosimilmente è tra le più «difficili», come attestano le due lettere ad essa indirizzate.

Le condizioni di vita di questa metropoli biportuale creavano tali distanze e divisioni tra i suoi membri da rendere perfino irrilevante la celebrazione dell'Eucaristia.

Ma la sofferenza produce frutti abbondanti: il capo della sinagoga e tutta la sua famiglia credono al Signore Gesù.

Questa conversione ha un effetto trainante su molti altri abitanti della città: molti Corinzi ascoltando Paolo si convertono e si fanno battezzare.

Trova conferma ancora una volta una dinamica ricorrente nel libro degli Atti e nella vita di Paolo: l'ostilità che l'annuncio incontra non ha l'effetto di imprigionare la Parola, ma solo di costringerla a trovare altre vie più feconde.

 

«Non aver paura; continua a parlare e non tacere»

Il successo della predicazione ai pagani sembra non bastare all’apostolo che pensa sempre al suo popolo.

Il dispiacere per i giudei che rifiutano di credere pesa sul suo cuore, che, stanco e sfiduciato, viene assalito dal dubbio di lasciar perdere tutto e ritirarsi.

Si domanda se vale la pena continuare a proporre il Vangelo in questa situazione, dal momento che quelli che dovrebbero essere i primi ad accoglierlo, lo respingono.

Così, dopo un viaggio missionario avventuroso e costellato di pericoli, un ministero generoso, vissuto senza risparmio di energie, pochi sono i giudei diventati discepoli di Gesù; sorge nel cuore dell'apostolo la domanda: dov'è andata a finire la promessa e la grazia di Dio?

Per incoraggiarlo, il Signore interviene e, in una visione notturna, gli dice: «Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male: in questa città io ho un popolo numeroso» (At 18, 9-10).

Il comando di continuare a «parlare» equivale a: «continua a predicare».

Il Signore, dunque, gli conferma non solo fiducia, ma anche il mandato di evangelizzare.

È quasi un rinnovo della vocazione.

In queste parole ritroviamo l'eco degli oracoli veterotestamentari, che invitano capi come Giosuè (cfr. Gs 1, 5-9), nonché profeti come Isaia (cfr. Is 41, 10) e Geremia (cfr. Ger 1, 8) a non aver paura per il compito loro affidato da Dio, e che dimostrano la costante presenza di Dio.

Il Signore della visione è certamente il Crocifisso risorto, causa di tante sofferenze in Paolo.

Ma nei momenti cruciali della sua vita, l'apostolo trova conforto e significato nel rapporto profondo con lui, nella preghiera prolungata fino a tarda notte.

«Io sono con te». Ecco la grande consolazione: sapere che la fatica non è inutile, che i pericoli non sfuggono all'attenzione di Dio e che la grazia dello Spirito non lo abbandona.

Paolo rivive l'esperienza di Damasco e sperimenta quanto siano vere le parole del congedo terreno di Gesù: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).

Appare confortante anche la seconda notizia che il Signore gli rivela: «In questa città io ho un popolo numeroso».

Quasi a voler insegnare che il ministero non si misura con le statistiche, perché le conversioni dei cuori sono conosciute solo da Lui.

Ed anche quelle persone che sembrano lontane dalla mentalità giudaica, che provengono da un paganesimo immorale e corrotto, che si convertono, ma che continuano a vivere da pagani, anche costoro sono popolo di Dio, proprietà riservata del Signore.

Poiché molti altri ancora accoglieranno il Vangelo, Paolo non deve abbandonare la Chiesa di Corinto: quel popolo è di Dio!

 

«E lo condussero davanti al tribunale»

Paolo aveva ben ragione di temere.

E la visione incoraggiante del Signore è confermata dall'episodio che segue.

Protagonista è Lucio Giunio Gallione, fratello del filosofo Lucio Anneo Seneca, che nel 51-52 d.C. divenne proconsole di Acaia (Grecia centrale, Peloponneso e isole adiacenti).

I giudei, esasperati dalla tenacia di Paolo e provocati dalla conversione di Crispo, capo della loro Sinagoga, gli conducono l'apostolo, denunciandolo di violare la legge, perché persuade la gente seducendola ed ingannandola.

La genericità dell'accusa permette a Gallione di comprendere che la predicazione di Paolo non riguarda la sfera pubblica e la pax romana, ma soltanto la legge ebraica.

Il Proconsole, rispettando l'autonomia che il diritto vigente riconosceva alle comunità ebraiche, la respinge (At 18,12-15).

Per lui, si tratta soltanto di dispute relative a «parole», (cioè a tematiche dottrinali), «nomi» (che può stare anche per «persone» e indicare la questione della messianicità di Gesù), «Legge» (quella giudaica).

Gallione esclude che ci sia alcuna ingiustizia o delitto da parte dell'accusato e proclama solennemente: «Io non voglio esser giudice di queste faccende» (At 18,15).

Afferma che nessuna di quelle cose gli importano, anticipando una posizione di laicità ante-litteram.

Come ritiene Paolo, la politica non può giudicare questioni prettamente religiose.

Questa decisione è importante perché è la prima risoluzione favorevole all'apostolo dopo tante tensioni.

Gallione non lasciando a Paolo neppure il tempo di rispondere alle accuse, gli permette di sperimentare l'aiuto promessogli dal Signore, che lo difende attraverso il proconsole romano.

Inoltre quest’ultimo non solo respinge l'accusa mossa dai giudei contro l'apostolo, ma li fa espellere dal tribunale, indicandoli indirettamente come veri e molesti perturbatori della quiete pubblica; ed il nuovo capo della sinagoga, che aveva sostenuto l'accusa, viene aggredito e malmenato, sotto gli occhi del proconsole, nell'indifferenza generale.

A Paolo non sfugge certamente il curioso capovolgimento della situazione: coloro che lo volevano espellere, vengono espulsi; l'iniziale aggressività contro di lui, ora si scarica sul capo della sinagoga (cfr. At 18,16-17).


 

SPUNTI PER LA MEDITAZIONE PERSONALE

E PER LA VERIFICA COMUNITARIA

 

 * L'apostolo vuole dimostrare la gratuità e il disinteresse del missionario, mantenendosi col proprio lavoro.

Visto che talvolta la Chiesa o alcuni suoi sacerdoti subiscono polemiche quando creano iniziative per mantenere le strutture religiose, cosa pensiamo in proposito?

Da parte nostra sappiamo collaborare gratuitamente in parrocchia?

 

* Paolo «cercava di persuadere Giudei e Greci».

Leggiamo in quest'espressione la fatica e la tenacia dell'apostolo che annuncia un Vangelo al quale pochi danno ascolto.

Sappiamo annunciare il Salvatore crocifisso e risorto, cuore della nostra fede e fondamento della nostra speranza?

Lo sappiamo testimoniare coi fatti e nelle scelte di vita?

 

* L'opposizione a Paolo viene da un fronte organizzato di resistenza.

Abbiamo la pazienza e la tenacia di testimoniare la nostra fede anche negli ambienti refrattari e talvolta ostili a discorsi religiosi?

Lo sappiamo fare senza sconti e senza paure?

 

* L'ostilità all'annuncio evangelico non riesce ad imprigionare la Parola, ma la costringe a trovare vie più feconde.

Quali difficoltà stimolano oggi la Chiesa a trovare strade alternative alla evangelizzazione dei popoli?

 

* Il Signore non abbandona Paolo ed i suoi discepoli, ma li incoraggia e li conferma con la sua protezione.

Abbiamo mai sperimentato la vicinanza e la protezione del Signore?

Sappiamo coltivare la fiducia nella sua provvidenza?

 

* Paolo ha appreso dal Signore che egli ha un popolo numeroso a Corinto.

Nelle città convulse e segnate dall'indifferenza, dal basso profilo, dalla mancanza di grandi ideali, sappiamo scorgere il terreno propizio per l'evangelizzazione?

 

* La certezza che il popolo appartiene a Dio, ci sostiene nell'opera di testimonianza alla quale Egli ci ha chiamati.

Paolo ha appreso che la fatica può diventare grazia e coraggio se ci fidiamo di più del Signore.

Qualcosa di simile vale per il nostro impegno educativo, in parrocchia e in famiglia: riusciamo a dare concretezza a questa considerazione?


 

PREGHIERA

Padre santo e buono,

Tu fai sperimentare la tua tenerezza

a chi si affida a te,

a chi decide di abbandonare la sua vita nelle tue mani.

Così di fronte allo scoraggiamelo di Paolo

il tuo figlio Gesù sì rivela e annuncia con dolcezza:

«Non aver paura, continua a parlare e non tacere,

perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male».

A volte siamo tentati di invidiare Paolo

e tutti coloro che hanno avuto la fortuna

di sentire risuonare nel loro cuore

la risposta a tanti interrogativi, a tanti dubbi.

Anche noi vorremmo sentire la voce di Gesù rassicurarci in visione:

«Vai, non avere paura,

continua ad amare anche se nessuno sembra capire il tuo dono,

vai continua ad accogliere in te la mia Parola

perché trasformi la tua vita e la renda dono per gli altri,

vai continua a testimoniarmi

anche quando ti senti troppo piccolo per farlo,

anche quando la tua infedeltà sembra vincere,

anche quando il peccato sembra più forte della tua libertà,

anche quando rimani solo.

Vai e continua ad amare

perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male».

Ma noi non abbiamo bisogno

di sentire in visione la sua voce

perché abbiamo la tua Parola

e, in forza della tua Parola,

sappiamo che Gesù è con noi sempre e ovunque,

e che ci rivela Te, Dio fedele e misericordioso.

Certo questo non ci toglie il dubbio, la sofferenza, la stanchezza,

ma ci dona la pace del cuore.

Aiutaci, Padre, a non scoraggiarci mai,

aiutaci a cercarti continuamente nella Parola,

aiutaci a non dimenticare mai la tua fedeltà

che trascende ogni nostra miseria

e, in questa certezza,

a non lasciare mai che la paura ci renda schiavi.

Amen.

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