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PARROCCHIA SACRO CUORE

Rione Pescara - Eboli (SA)

 

 

GRUPPI FAMIGLIA

RITIRO DI QUARESIMA

domenica 8 marzo 2009

 

 

EFESO-MILETO:

IL TESTAMENTO SPIRITUALE DI PAOLO

 

 

PROGRAMMA

 

 

 

ore   9.00  Accoglienza - Caffé (Salone comunitario)

ore   9.15  Lodi Mattutine (Auditorium)

ore   9.45  Spunti di Riflessione

ore 10.30  Meditazione personale (Complesso Parrocchiale)

ore 11.30  Santa Messa (Chiesa)

ore 12.30  Ora Nona e Adorazione Eucaristica (Cappella)

ore 13.30  Pranzo - Caffé (Salone Comunitario)

ore 14.30  Santo Rosario (Porticato)

ore 15.00  Verifica Comunitaria (Auditorium)

ore 16.30  Vespri (Auditorium)

ore 17.00  Conclusione

 

 

Complesso Parrocchiale Sacro Cuore

 

 

Atti 20,17-38

 

17Da Mileto mandò a chiamare a Efeso gli anziani della Chiesa. 18Quando essi giunsero presso di lui, disse loro: «Voi sapete come mi sono comportato con voi per tutto questo tempo, fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia: 19ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei; 20non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi, in pubblico e nelle case, 21testimoniando a Giudei e Greci la conversione a Dio e la fede nel Signore nostro Gesù. 22Ed ecco, dunque, costretto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme, senza sapere ciò che là mi accadrà. 23So soltanto che lo Spirito santo, di città in città, mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni. 24Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al Vangelo della grazia di Dio. 25E ora, ecco, io so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunciando il Regno. 26Per questo attesto solennemente oggi, davanti a voi, che io sono innocente del sangue di tutti, 27perché non mi sono sottratto al dovere di annunciarvi tutta la volontà di Dio. 28Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio. 29Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; 30perfino in mezzo a voi sorgeranno alcuni a parlare di cose perverse, per attirare i discepoli dietro di sé. 31Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato, tra le lacrime, di ammonire ciascuno di voi.

32E ora vi affido a Dio e alla parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di concedere l'eredità fra tutti quelli che da lui sono santificati. 33Non ho desiderato né argento né oro né il vestito di nessuno. 34Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. 35In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: «Si è più beati nel dare che nel ricevere!».

36Dopo aver detto questo, si inginocchiò con tutti loro e pregò. 37Tutti scoppiarono in pianto e, gettandosi al collo di Paolo, lo baciavano, 38addolorati soprattutto perché aveva detto che non avrebbero più rivisto il suo volto. E lo accompagnarono fino alla nave.

Paolo ha speso tutta la sua vita ad annunciare che Dio ama l'uomo, ogni uomo, più di se stesso, tanto che ha dato suo Figlio.

Sa di aver terminato la sua corsa e affida questa eredità a tutta la Chiesa: altri dovranno farsi «spingere» dallo Spirito santo perché l'annuncio del Regno sia sempre proclamato nella storia degli uomini.


 

EFESO-MILETO:

IL TESTAMENTO SPIRITUALE DI PAOLO

 

 

Paolo, ormai alla conclusione del suo terzo viaggio apostolico, sta tornando a Gerusalemme.

Veleggiando al largo della odierna Turchia, la nave attracca al porto di Mileto.

Durante quella sosta l'apostolo decide di convocare gli anziani della Chiesa di Efeso per un saluto.

Il discorso che egli rivolge loro ha la forma di un «testamento», come il discorso di addio di Gesù nel Vangelo di Giovanni o quello dello stesso Paolo nella seconda lettera a Timoteo (anche nell'Antico Testamento si trovano esempi analoghi: gli oracoli del patriarca Giacobbe in Gen 49; i discorsi di Mosè nel libro del Deuteronomio; l'ultimo saluto di Giosuè in Gs 23; il congedo di Samuele in 1Sam 12).

Paolo avverte un’atmosfera insolitamente cupa, con minacciosi presagi sul suo incerto futuro.

Solo un docile abbandono alla fedeltà del Signore dona squarci di sereno al suo animo.

Luca non ci dona un resoconto stenografico di quel discorso, anche se il ricordo dell'ultimo incontro di Paolo con gli anziani è rimasto vivo nella comunità di Efeso che potrebbe aver conservato alcuni tratti salienti del suo ultimo saluto.

Infatti, il linguaggio è lucano, ma i contenuti sono in perfetta sintonia con quanto si legge nell'epistolario paolino.

In ogni caso, quel discorso assume un'importanza pastorale di assoluto rilievo e ci dona frammenti preziosi per capire il cuore di Paolo alla vigilia del suo arresto e della lunga detenzione che lo porterà a Roma in catene.

  

 Anche se l'episodio si svolge a Mileto, Paolo si rivolge ai presbiteri di Efeso e dintorni.

È quindi Efeso la città di riferimento.

Essa era la più grande metropoli dell'Asia Minore e condivideva con Antiochia ed Alessandria il primato nel Mediterraneo.

Sorta a soli 5 km dal mare e all'imbocco della vallata nella quale passava il percorso più rapido verso la Siria e l'interno del Medio Oriente, divenne ben presto un emporio tra i maggiori dell'Asia.

I suoi abitanti erano attivi ed industriosi.

Fu sottomessa a Roma dal 133 a.C. divenendo centro amministrativo e religioso della provincia romana d'Asia.

La città era dedicata ad Artemide, dea della fertilità e ne custodiva il grande tempio, considerato una delle sette meraviglie del mondo antico.

Nel mese dell'Artimisio (marzo-aprile) una gran folla di pellegrini rendeva omaggio alla dea, facendo la fortuna degli argentieri che preparavano gli ex voto.

Durante la seconda visita di Paolo, che si protrasse a lungo, costoro, vedendo minacciati i loro interessi economici, suscitarono una tumultuosa sommossa, che costrinse l'apostolo ad abbandonare la città e che fece correre gravi pericoli ad Aquila e Priscilla.

Di ritorno dal terzo viaggio missionario, Paolo preferì incontrare i responsabili della comunità nella vicina Mileto, anziché ad Efeso.

A questa Chiesa è indirizzata una lettera a lui attribuita.

 

 «Ho servito il Signore»

La predicazione di Paolo ad Efeso, protrattasi per circa due anni, costituisce un'esperienza feconda di bene, capace di trasmettere uno stile di vita e di azione pastorale alla comunità.

Ora quella esperienza deve essere messa a frutto, alla stregua di prezioso tirocinio.

«Voi sapete», dice Paolo, richiamando gli anziani a rinnovare la consapevolezza di essere stati testimoni di come e di quanto egli aveva servito il Signore ed invitandoli a non dimenticare.

La memoria dell'amore e della dedizione generosa di chi ci ha condotto all'incontro con Cristo è senza dubbio un valore importante nella vita di un credente e dell'intera comunità.

Il ricordo di quei giorni di grazia può sostenere il cammino della comunità.

In questo sguardo retrospettivo l'apostolo aiuta gli anziani a cogliere in lui l'immagine del Servo del Signore, che ha obbedito al mandato affidatogli da Cristo.

Ovviamente egli ritiene titolo onorifico essere Servo del Signore.

E poiché tale compito si esplica nell'annunciare il Vangelo alle genti, di tale servizio hanno beneficiato le numerose chiese da lui fondate.

Tuttavia, Paolo non si dichiara servo delle comunità, ma solo del Signore Gesù.

In questo modo, egli rivendica la sua libertà nei confronti delle persone: non ha dovuto piacere a nessuno, né rendere conto a qualche membro della comunità, ma soltanto al suo Signore.

La medesima libertà di spirito e d'azione viene raccomandata agli anziani di Efeso.

Per Paolo tale indipendenza non significa indifferenza.

Ne sono prova le umiliazioni e le lacrime versate durante questo servizio: sofferenze che considera un vanto (cfr. 1Cor 4,9-13; 2Cor 4, 8-10; 11, 21-33).

Inoltre la sua umiltà non si limita ad astenersi dalla superbia o dall’arroganza, ma è imitazione della condizione di Cristo che ha spogliato se stesso, facendosi povero strumento di quel Dio che ama manifestarsi nella debolezza.

Tale virtù manifesta anche la fortezza di chi può affermare: «Non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile» (At 20, 20).

Tutti sapevano quante insidie gli avessero procurato i giudei, ma ognuno può testimoniare che nulla ha fermato il suo slancio ed il suo servizio missionario.

Dopo aver ricordato la propria incrollabile fedeltà nella prova, Paolo si sofferma sul suo insegnamento, donato sia pubblicamente, sia privatamente, con audacia e franchezza, senza trascurare nessun aspetto indispensabile del messaggio cristiano.

Con una formula che ben riassume il suo annuncio l'apostolo «testimoniava» a giudei e greci la conversione a Dio e la fede in Gesù nostro Signore.

 

«Mi attendono catene e tribolazioni»

L'avverbio «ora» sposta l'attenzione sul tempo presente e sulla situazione attuale di Paolo, in procinto di tornare a Gerusalemme.

Egli spiega la sua decisione con l'azione dello Spirito santo, che ne orienta le scelte e lo avverte delle prove e delle tribolazioni future.

Paolo non si presenta in veste di eroe, quasi spavaldo e insensibile alle sofferenze.

Al contrario appare soggiogato dal richiamo irresistibile dello Spirito, al quale non intende disobbedire.

Intuisce bene che a Gerusalemme rischia l'arresto e la sua vita stessa, ma si considera già prigioniero, non legato dagli uomini, ma totalmente avvinto dallo Spirito di Cristo.

Egli, servo innamorato del Signore, ne segue le orme: anche Gesù, salendo a Gerusalemme, aveva preannunciato ai discepoli la propria passione, morte e risurrezione (cfr. Lc 18, 31-34).

A questo punto compare l'immagine sportiva della corsa, cara all’apostolo e comprensibile al suo uditorio.

Paolo la usa per rivelare che lui corre in vista del premio, come un corridore che gareggia nello stadio (cfr. 1Cor 9, 24-27; Fil 3,13-14).

Sulla scorta del detto di Gesù: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (Lc 9, 24), anche Paolo stima un nulla la propria vita di fronte al dovere di proclamare il Vangelo.

Gli anziani di Efeso sanno che egli non dice frasi scontate e non esprime verità astratte e possono testimoniare che non ha avuto altro intento e desiderio che portare a termine la missione affidatagli dalla visione sulla via di Damasco.

Veramente la sua vita non è apparsa in nessun modo più preziosa dell'annuncio evangelico.

Paolo che ha sperimentato la grazia di Dio non può fare a meno di rendere testimonianza al Vangelo della grazia.

 

«Non vedrete più il mio volto»

Paolo rivolge infine il suo sguardo al futuro.

La certezza di una partenza senza ritorno lo spinge ad insistere sul bilancio della propria vita, facendo quasi una confessione pubblica, dove l'apostolo lascia trasparire la purezza del suo agire e la rettitudine del suo operare, mediante l'impiego di ogni energia.

Sono parole pesate, calibrate, verificate dall’esperienza diretta degli ascoltatori.

Non sono espressioni di ingenuità, bensì l'umile consapevolezza di aver agito così rettamente da poter proporre la sua opera come regola pastorale ai suoi successori.

Ancora una volta, il futuro della Chiesa non è tutto da inventare, perché affonda le sue radici nella vita e nell'opera di chi ha servito il Signore prima di noi.

Terminata la sua «confessione», Paolo detta le linee dell'azione di coloro che hanno compiti particolari a servizio della comunità.

Richiamando l'immagine della sentinella cara ad Ezechiele (cfr. Ez 33, 1-9), esorta gli anziani a vigilare anzitutto su se stessi, a non lasciarsi prendere dall'assopimento spirituale.

Sa bene che a forza di vigilare sugli altri si rischia di non vegliare più su se stessi, ma anche il pastore fa parte del gregge di Cristo.

In questi primi anni della vita della Chiesa, non esiste ancora la distinzione che noi oggi conosciamo tra presbiteri e vescovi; la situazione è ancora fluida e si strutturerà avanti negli anni.

In ogni caso la guida deve condurre gli uomini considerandoli preziosi perché acquistati a prezzo del sangue di Cristo.

Il popolo cristiano dunque appartiene al Signore, non agli uomini.

La radicale appartenenza della comunità cristiana e dei singoli fedeli a Dio è titolo di valore, che mette in risalto la responsabilità dei pastori verso Dio stesso.

Paolo rievoca qui ciò che ha appreso dalla visione a Corinto e raccomanda quanto egli per primo ha compiuto nella sua opera missionaria.

Dunque egli lascia, come testamento spirituale, le linee essenziali della sua esperienza pastorale.

L'apostolo esorta alla vigilanza e alla responsabilità perché prevede un pericolo: maestri di errori e false guide insidieranno i fedeli, non solo all'esterno, con il ritorno a riti pagani o alla propaganda giudaica, ma anche all'interno delle comunità (At 20, 29-30).

Gesù stesso aveva definito «lupi rapaci» profeti, ingannatori (cfr. Mt 7,15) e falsi messia (cfr. Lc 21, 8).

Ai lupi rapaci sono affiancati anche i seminatori di eresie e di dottrine fuorvianti, come se ne ha notizia nelle epistole pastorali (cfr. 1Tm 1,3-4) e nelle lettere di Pietro (cfr. 2Pt 2,1-3).

Paolo ribadisce l'invito a vegliare sottolineando la propria cura e la propria sollecitudine per i cristiani dell'Asia durante il lungo soggiorno.

Come a dire che la Chiesa è costata il sangue di Cristo, ma anche tante sue lacrime!

 

«Vi affido a Dio e alla parola della sua grazia»

Nel momento del congedo ed in vista di così gravi pericoli, potrebbero regnare incertezza e disorientamento.

Cosa farà la comunità senza il suo apostolo?

Paolo stesso dà la risposta che invita alla confidenza e alla speranza: lui non ci sarà più, ma «Qualcuno» rimane: «Ecco ora vi affido a Dio e alla parola della sua grazia» (At 20, 32).

Fa davvero piacere questa nota di serenità e di ottimismo cristiano.

I vescovi ed i presbiteri sono gli uomini della Parola per eccellenza e di essa si nutrono e nutrono il gregge.

Ma soprattutto essi stessi, per primi, sono sorretti dalla grazia della Parola, che illumina, riscalda, fortifica e sospinge la vocazione e la vita.

Paolo non ha bisogno di raccomandazioni petulanti, lascia trasparire piuttosto una smisurata fiducia in Dio che edifica la sua Chiesa.

Non lega la comunità alla sua persona, mostra al contrario la libertà di chi sa bene che è Dio colui che salva.

Infine, in una città laboriosa e ricca, è facile che la mentalità commerciale contagi anche i responsabili della Chiesa.

Paolo forse ha conosciuto qualche esempio negativo.

Per questo ricorda di non essere mai vissuto alle spalle delle proprie comunità e di non aver mai richiesto da loro né oro né argento (cfr. At 20,33-35), ma di aver sempre lavorato, per aiutare anche economicamente i più deboli.

La medesima sollecitudine invoca per chi guida le comunità, ricordando loro una stupenda beatitudine, che deve sostenere ogni discepolo del Signore nella sua dedizione al bene dei fratelli: «Si è più beati nel dare che nel ricevere!» (At 20, 35).

 

«Si inginocchiò con tutti loro e pregò»

La preghiera conclusiva orienta tutto quanto è stato detto e rimanda ancora una volta all'esempio dato da Gesù (cfr. Lc 22, 41).

Pregare in ginocchio è un tratto distintivo dei cristiani, poiché i giudei pregano sempre in piedi. Infine, il pianto e i baci riportano alla mente il bacio fraterno usato dai cristiani (cfr. Rm 16,16) e indicano che si tratta dell’addio di Paolo alle comunità dell'Asia.

La commovente scena finale dipinge in modo efficace il legame di affetto che unisce la Chiesa efesina al suo apostolo.

Erano davvero «un cuore solo e un’anima sola» (At 4, 32).

Ma il momento è drammatico: Paolo si sta avviando alla sua passione.

 

«E lo accompagnarono fino alla nave»

Più che il saluto d'addio di Paolo il discorso presenta il commiato della prima generazione (quella degli apostoli e di Paolo stesso) che cede il campo alla seconda.

Attraverso e al di là delle intenzioni dell’autore, il libro degli Atti è destinato al lettore di oggi, all'intera Chiesa.

Guardando a Paolo, dobbiamo apprendere che cosa è davvero essenziale nella missione della Chiesa, quale dev’essere lo stile di vita di ogni pastore e di tutti coloro che hanno un compito educativo nella Chiesa (famiglie comprese).

Il discorso d'addio è ricco di insegnamenti per tutti i laici.

Anzitutto, la certezza che per poter guardare al futuro con serenità occorre conservare chiara la memoria del passato, inteso come valore da difendere.

Infatti, la nostra fede ha degli avversari definiti «lupi rapaci».

I falsi pastori sono sempre in agguato e la vigilanza non è mai troppa.

Infine, l'ancoraggio più importante per la vita del cristiano è quello dell'affidamento alla Parola di Dio.


 

SPUNTI PER LA MEDITAZIONE PERSONALE

E PER LA VERIFICA COMUNITARIA

 

* Voi dice Paolo agli anziani, potete constatare quello che ho insegnato e quello che ho testimoniato con la mia esistenza.

È lo stile di vita che conferisce spessore spirituale e autentica efficacia all'azione della Chiesa, alle parole che diciamo e alla testimonianza che vogliamo donare.

Vogliamo riflettere?

 

* Le lacrime e la gioia non sono sentimenti dettati da entusiasmi o depressioni emotive, ma denotano la sua intensa partecipazione alle vicende spirituali dei singoli.

Collaborare in parrocchia significa soprattutto partecipare con impegno alle vicende spirituali della comunità, farsene carico umilmente nella preghiera e con gesti concreti.

Esaminiamoci.

 

* I responsabili della comunità devono attendersi i momenti della «prova» come ci sono stati nella vita di Gesù e nella missione di Paolo. Le prove sono destinate a rivelare il cuore.

Questa verità vale per la vita ecclesiale e per quella familiare.

Come viviamo le vicissitudini che il Signore permette?

 

* Sull'esempio di Paolo e prima ancora di Gesù, ogni educatore, è chiamato a dare assoluta priorità e singolare attenzione all'annunciò della Parola, con una dedizione costante e multiforme.

Che posto ha la Parola nella mia vita?

 

* Paolo affida ciascuno di noi alla Parola della grazia di Dio, che ha la forza di edificarci e di donarci la salvezza.

Sappiamo riconoscere che essa trova la sua forza e grazia perché è nientemeno che Gesù, il Verbo di Dio fatto carne?

 

* II metro di giudizio di un'azione ecclesiale non è quello dell'efficienza, bensì quello della gratuità.

È proprio il gusto di vedere le persone maturare giudizi ed orientamenti più evangelici, assumere stili di vita nuova e coraggio nella testimonianza cristiana, ciò che regge e stimola la continua dedizione di chi ha una responsabilità nella Chiesa.

Sappiamo aiutare i sacerdoti a non stancarsi di noi?

Sappiamo donare ciò che più sta loro a cuore?

 

* L'orazione riempie l'ultimo momento di condivisione tra Paolo e i suoi presbiteri: so condividere momenti di preghiera con la comunità, con la famiglia e con gli amici?

Approfittiamo di tutti i momenti di preghiera che la Comunità Parrocchiale ci propone?


 

PREGHIERA

 

Padre onnipotente e misericordioso,

Tu hai chiamato Paolo,

lo hai riservato per Te perché fosse testimone

ed annunciatore dell'Evangelo in tutto il mondo.

Paolo non ha deluso le tue attese,

ha testimoniato il tuo amore che salva

senza mai tirarsi indietro,

anche a costo di subire catene e persecuzioni,

sofferenze ed umiliazioni.

Ha terminato la sua corsa

senza ritenere in nessun modo preziosa la sua vita

se non per dare testimonianza all'Evangelo,

fino alla testimonianza suprema, quella della sua vita.

Davvero la risposta di Paolo

alla chiamata sulla via di Damasco

ha sconvolto la sua vita,

ma l'ha resa degna di tale nome.

La fedeltà alla tua chiamata è costata a Paolo lacrime e sangue,

ma il tuo amore consente a Paolo di dichiarare

che si è più beati nel dare che nel ricevere.

Noi, invece, spesso abbiamo paura

che l'ascolto della tua Parola

sconvolga la nostra vita come è avvenuto per Paolo.

Ti chiediamo perciò, Padre,

di mettere in noi una sana inquietudine

che non ci consenta mai di adagiarci nelle nostre certezze

dimenticando la luce della tua Parola.

Ti chiediamo la costanza

di lasciarci condurre dal tuo Spirito

nell'ascolto docile e fiducioso della tua Parola.

Allora, impareremo a capire che la croce del tuo Figlio,

scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani,

è in realtà la rivelazione

della potenza impotente del tuo amore per il mondo.

La tua salvezza,

manifestata e donata a noi nel Cristo crocifisso

e annunciata instancabilmente da Paolo

come dono gratuito da accogliere nella fede,

sia ogni giorno l'unica nostra forza.

Amen.

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