Roberto Novella

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Padre Roberto Novella, eroe a Malta ed eretico per l’inquisizione

di Paolo Sgroia

 

Padre Roberto Novella è fatto prigioniero nel 1553 a S. Vito lo Capo in Sicilia dal nipote del corsaro Dragut e trasportato a Tripoli come schiavo, solo nel 1565 ottiene la libertà grazie al riscatto pagato dai compagni di sventura. Il frate cappuccino, in seguito arriva nell’isola di Malta, dove partecipa con corag­gio e sacrificio alla difesa dell'isola dagli attacchi dei turchi di Solimano II. A difendere l'isola ci sono i Cavalieri di Malta, valorosi soldati ma di numero molto inferiore: il frate ebolitano interviene aiutando i cavalieri  spiritualmente pur rimanendo ferito più volte.

Finito l'assedio con la vittoria della flotta cristiana a Pietranera, il religioso torna finalmente nella sua cara città natia. Ma ad Eboli trova un'amara sorpresa: una disposizione del vicario generale cappuccino, fra' Evangelista da Cannobio, impone al frate di lasciare l'abito. È accusato di aver ricevuto del denaro da portare alla sua famiglia e nel viaggio di ritorno di essere stato in compagnia di una donna di dubbia fama.

Padre Roberto lascia l'abito e si rifugia presso i frati minori osservanti di S. Maria del Gesù a Napoli, e la sua prima reazione è di scrivere al vescovo di Malta, mons. Domenico Cubelles, chiedendo di intervenire in suo favore attestando la sua condotta nell'isola.

Nella lettera chiede al presule di informarsi se lui ha ricevuto del denaro, oltre a quello avuto per il suo bisogno, dallo stesso vescovo, nella sua degenza in ospedale, e per l'accusa della donna di dubbia fama, rammenta che è la terziaria cappuccina, suor Giovanna, in pellegrinag­gio a Loreto. Mons. Cubelles in una testimonianza deposta "medio suo iuramento", il 9 gennaio 1566, dichiara che ha conosciuto di persona il frate ebolitano. Lui stesso l'aveva pre­sentato al gran maestro, Jean de La Valette, ricevendo dallo stesso l'incarico di tenere gli esercizi spirituali per i cavalieri nella chiesa conventuale del Borgo. Il vescovo, continua affermando che il frate è un buon religioso con buonissima fama e le sue prediche sono cattoliche e danno tantissimo frutto.

Anche il gran maestro La Valette fa sentire la sua voce, dichiarando che padre Roberto è un religioso integerrimo che si è distinto non solo nella sua dottrina cristiana, ma anche nel lungo assedio dei turchi, portando ai cavalieri, conforto ed incitamento. Il buon nome del frate è così salvo, ma egli non rientrerà mai più tra i Cappuccini.

Nel continuare la sua opera evangelizzatrice, nel 1568, arriva nella Mantova di Guglielmo Gonzaga. Capita, purtroppo, in un momen­to critico. Il diffondersi di dottrine eretiche, luterane e calviniste portano nella città l'inquisitore domenicano, fra' Camillo Campeggio, che senza il placito del Duca imprigiona molti indiziati. A Mantova, la caccia agli eretici diventa una vera ossessione e di fronte a tali ec­cessi il nostro frate con il suo carattere ir­ruente e impulsivo non riesce a stare zitto. Così predicando nella chiesa di S. Barbara e di S. Francesco osa denunciare i rigori dell'inquisizione definendo il Campeggio "sognatore di eretici ". La reazione non tarda a venire, il 6 marzo 1568, è arrestato a Piacenza e trasportato nel carcere di Tor di Nona a Roma. Nella galera il frate ebolitano, in un momento di buio totale, in una fragilità psicologica dovuta alle tante vicissitudini, accusa Pio V di simonia. Ritratta le sue accuse, il 18 marzo 1570, e trascorre quattro anni nel carcere del Santo Officio della rocca di Ostia, poi, viene trasferito nel carcere del Sant'Officio di Roma. Il 29 aprile 1578 si trova nel convento francescano di S. Maria di Aracoeli, e ringrazia il duca di Mantova per la grazia ricevuta da Gregorio XIII. Alla fine del 1580 il frate ottiene la libertà completa e ritorna dopo dodici anni di carcere nella sua Eboli dove trova una si­tuazione familiare drammatica: il padre morto, la madre vecchia e povera, la sorella nubile e poverissima ed il fratello Lucio disoccupato. Non gli resta che scrivere di nuovo al duca chiedendogli di aiutare la sua famiglia e di trovare lavoro al fratello. Sono le ultime notizie di padre Roberto: si presume che ormai stanco e debole dopo tante traversie, dopo anni di schiavitù e duro carcere, il frate si sia spento in Eboli.

Un religioso ebolitano che non deve essere dimenticato, la sua è stata una vita di sofferenza tra turchi e inquisitori, in un'epoca dove molti sono stati condannati ingiustamente e tra questi ricordiamo padre Girolamo da Eboli, morto di stenti in carcere e assolto solo dopo la sua morte. Padre Roberto non ha ricevuto un’assoluzio­ne, ma le sue gesta e il suo apostolato a Malta sono incancellabili, come affermano il vescovo Cubelles e il gran maestro La Valette. Resta la pagina buia dell'inquisizione, ma a volte non tutte le verità sono dette. Quel che sappiamo è che il frate era d'animo generoso, impulsivo e forse un po' ingenuo, ha speso delle parole a difesa di un duca che credeva nel giusto. Tutto questo gli è costato caro, come anche l’ingiusta espulsione dai Frati Cappuccini, una ferita che ha segnato per sempre la sua vita.

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