Girolamo da Eboli

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Padre Girolamo da Eboli, O. M. Cappuccini (Sec. XVI)

di Paolo Sgroia

 

Nato a Eboli tra la fine del secolo XV e gli inizi del XVI, fin da giovane si distingue per la vivacità dell'ingegno e per il desiderio ardente di apprendere le scienze umane; finiti gli studi è nominato governatore della città di Potenza.

Dopo matura decisione, Girolamo decide di vestire il saio dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, sorto da poco dagli osservanti della Marca d'Ancona, per opera di Matteo da Bascio, che ottiene da Clemente VII (1525) il permesso di indossare il saio e di vivere nella più rigida povertà predicando la penitenza.

Dai primi seguaci, i fratelli Ludovico e Raffaele da Fossombrone, nasce la congregazione dei "frati minori della vita eremitica" alle dipendenze dei conventuali, approvata con la bolla "Religionis Zelus" di Clemente VII nel 1528.

Alla novella congregazione si uniscono gruppi di riformati calabresi nel 1532.

Solo nel 1563 ottengono dal Concilio di Trento il riconoscimento della povertà.

In un secolo, il Cinquecento, distratto dalla mondanità e dalle eresie di Lutero e Calvino, i Frati Cappuccini chiamati così per via del saio che porta un piccolo cappuccio, s’impegnano a combattere il protestantesimo ed esercitano la carità e l'assistenza ai malati.

Padre Girolamo tra i Frati Cappuccini intensifica la sua formazione ascetica, di pietà e carità, e riceve in dono dal Signore il discernimento degli spiriti. Diviene tra il 1564 e 1570 Vicario provinciale.

Il suo zelo lo spinge ad intraprendere peregrinazioni apostoliche per dedicarsi al ministero della parola. Nei temi morali insiste su quello dell'avarizia e specialmente sull'usura. Attraverso la predicazione itinerante e la concreta testimonianza evangelica della carità verso i poveri, fonda a Martina Franca, ducato dei Caracciolo, nella Provincia di Terra d’Otranto nel 1566 l’istituto dei Monti di Pietà, dove i miseri possono impegnare le proprie cose o ricevere prestiti non più all'esoso tasso preteso dagli usurai. In Matera, feudo degli Orsini, istituisce una casa d’accoglienza. Ad Otranto inveisce senza reticenze contro il lusso sfrenato delle donne. Ottiene ancora con il suo buon zelo una maggiore frequenza delle persone alla Santa Messa e ai Sacramenti.

Egli è un vero riformatore della società del tempo, e per questo motivo è denunziato all'Inquisizione di Roma. Soffre con pazienza il carcere dove si spegne santamente nel 1572. La sua innocenza è riconosciuta solo dopo vari anni dalla sua morte.

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