Benedetto Giuliani

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Il Beato Benedetto Giuliani di Eboli

di Paolo Sgroia

 

Padre Benedetto Giuliani apparteneva ad una delle più nobili famiglie ebolitane, che si onorava di appartenere all’illustre famiglia Giulia dell’antica Roma. Benedetto figlio di Filippo Giuliani, nacque ad Eboli nel 1441 e nel 1457 entrò a far parte dell’ordine dei Padri Celestini istituito nel 1254 dall’eremita Pietro Angeleri, divenuto poi Papa col nome di Celestino V.

Ad Eboli c’era un monastero dei PP. Celestini, denominato S. Pietro a Maiella, ed era situato dentro le mura della città e precisamente tra Porta Dogana e Porta Santa Sofia.

P. Benedetto Giuliani si distinse subito con la sua vita di santità e nel 1488 risulta priore del monastero di Eboli. Il suo apostolato tra gli ebolitani fu fervoroso e pieno di carità. È ricordato per i suoi interventi di pace tra le famiglie e per il suo aiuto verso i poveri. Si distinse anche nel fervore della preghiera, tanto che durante il suo priorato s’incominciò a salmeggiare di giorno e di notte con zelo e decoro.

P. Benedetto morì nel 1511 e il suo corpo fu riposto in una cassa, separato dagli altri monaci, e collocato in un luogo del monastero di Eboli.

Nel 1610, con la Bolla di Pio V si ordinò di inumare i cadaveri che si trovavano nelle chiese, e quindi anche i Celestini disposero che il corpo di P. Benedetto fosse seppellito. Ma appena abbatterono il tramezzo che conteneva la bara si sparse per la chiesa e per Eboli un intenso profumo e nello stesso momento le persone che accorrevano alla chiesa videro annuvolarsi il cielo e scatenarsi una bufera con grandini e fulmini, senza però arrecare danni a nessuno. La chiesa era ormai piena, e tutti videro estrarre il corpo di P. Benedetto, vestito con la cocolla di panno nero fino, sotto di cui si vide la tonaca bianca di panno, detta ferandina. Le vesti erano intatte e quando si procedette alla ricognizione del corpo, cosa straordinaria, dopo 59 anni dalla sua morte il corpo del Beato era intatto e le sue carni bianche emanavano quel delizioso profumo che aveva attirato tante persone nella chiesa.

I PP. Celestini, dopo aver dato una nuova sepoltura al Beato, sul luogo posero una lapide a testimonianza di quello che era successo.

Nel 1603, vi fu un’altra ricognizione del corpo e, tutti rimasero meravigliati che il corpo di Benedetto Giuliani risultava ancora intatto e odoroso malgrado fosse passato quasi un secolo dalla sua morte. Naturalmente non mancarono i miracoli che furono raccolti come testimonianza per la causa di beatificazione. Girolamo Corcione parente del Beato aveva un male incurabile alla mano sinistra e dopo aver tentato di tutto per potersi curare con le medicine, decise di mettersi sulla mano con viva fede una particella del vestito di Benedetto e, dopo pochi giorni guarì miracolosamente. Si narra anche che toccando le sue vesti i febbricitanti guarivano dalle febbri.

Un altro miracolo eclatante avvenne a Giulia Di Clario, moglie di Ferrante Del Bruno, che dopo una lunga malattia restò nel volto enfiata ed aveva forti dolori alle braccia. La nobile donna andò con altre persone a venerare il corpo del Beato e nel pregare toccò le sue vesti e rimase all’istante guarita. La gentildonna insieme al marito donarono al monastero tutti i loro beni più mille ducati.

Dopo la seconda ricognizione, il corpo del Beato non fu più seppellito ma sistemato in una parete della sacrestia. Nel 1646 ci fu una terza ricognizione ed il corpo era sempre intatto. Nel 1653 il monastero di S. Pietro a Maiella fu chiuso in osservanza alle regole emanate dalla Cancelleria Romana per non avere una rendita annua di 400 ducati e il corpo del Beato Benedetto fu trasportato nello stesso anno nel convento di S. Pietro a Maiella di Napoli.

Il corpo del Beato, purtroppo, andò distrutto nell’incendio che colpì la sacrestia di S. Pietro Maiella di Napoli, come afferma Gherardo degli Angeli, incaricato dal primicerio di S. Maria della Pietà di Eboli, don Giuseppe Pisciotta, di ricercare in Napoli il luogo della sepoltura dell’illustre Santo ebolitano.

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